Il marchio di fabbrica

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2013 - edizione 5

Il dottor Bennett si recò al prestigioso Hotel Excelsior, avvolto nella nebbia londinese, per partecipare ad un congresso medico. Un facchino gli si avvicinò sorridendo e gli portò i bagagli in camera. Il medico, dopo aver osservato il ragazzo, rimase a bocca aperta per lo stupore. Assomigliava in maniera impressionante a Thomas, il figlio dei suoi vicini di casa, scomparso in circostanze misteriose.
“Come ti chiami, figliolo?”.
“Mike. Oh, grazie, signore!”, esclamò il giovane ritrovandosi tra le mani una lauta mancia.
Richard Bennett non ebbe più pace. Quell’incontro lo aveva fortemente turbato e non riuscì a toccare cibo. La sua stanza d’albergo gli pareva una prigione, perciò indossò il cappotto ed uscì. Si recò in un grazioso pub che si trovava a soli due isolati dall’hotel. Il caso volle che Mike fosse seduto al bancone con un capiente boccale di birra rossa in mano. “Anche a Thomas piaceva”, disse Richard.
“Che cosa, signore?”, chiese il giovane con il solito sorriso estatico sulle labbra.
“La birra rossa. Ne era ghiotto”, rispose pensieroso il dottore, notando che Mike era mancino, proprio come il suo vicino di casa.

Il facchino dell’Hotel Excelsior bevve tutto d’un fiato il secondo boccale e poi finì per sentirsi male. Divenne ad un tratto bianco come uno straccio e la testa gli girava e gli doleva. “Penso di aver esagerato, signore”, disse mesto, strappando un sorriso a Richard che lo accompagnò nel suo piccolo, anonimo appartamento. Lo aiutò a stendersi sul letto, appena in tempo, prima che il giovane svenisse. Ben presto rinvenne ed il medico lo invitò a togliersi la camicia, poiché intendeva visitarlo. Quando vide la schiena del paziente, Richard inorridì. Su di essa era tatuato, in inchiostro blu, un numero di matricola: 13490 H.E. Sì, quello era il suo marchio di fabbrica!
Il dottor Bennett ora capì come erano andati i fatti.
Il corpo di Thomas non fu mai ritrovato. Il suo motorino però era finito giù, nel burrone, perciò pian piano tutti si rassegnarono all’idea che fosse morto. Invece il poveretto era stato portato in chissà quale laboratorio, privato di memoria e poi clonato! Sì, clonato da abili e malefici scienziati che erano riusciti a garantire alle sue “copie” un aspetto perennemente giovane. Chissà quanti ragazzi col suo volto lavoravano in quella e altre catene di hotel sparse per il mondo! Ben presto il facchino ritornò a sorridere garbatamente, ignaro di quanto era accaduto. Quel povero burattino non ricordava neppure di essersi “inceppato”.
“Di cosa tratterà il convegno, signore?”.
“Si parlerà di ricerca scientifica e di clonazione”, rispose tristemente Richard.
“Clonazione? Che strano argomento...”, commentò Mike sorridendo. E poi si apprestò a prepararsi. Il turno delle quattro lo aspettava.

Patrizia Benetti