La giusta punizione

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2012 - edizione 11

Aveva studiato l’anello con occhio attento e vagamente rapace, e gli aveva sorriso.
“Tutto sommato mi vuoi bene, quindi”
“Faccio del mio meglio per fartelo credere” aveva risposto serio. Quanto avrebbe voluto non averlo detto. Aveva capito che era una battuta? Sapeva quanto bene le voleva? Che orribili ultime parole. Non aveva avuto il tempo di aggiungere altro. Non aveva avuto il tempo di fare nulla.
Tossì. La benda sugli occhi gli impediva di distinguere alcunché, ma sapeva che il vecchio l’aveva riportato a casa. Quel bastardo melodrammatico era pronto a rischiare la vita per un illusione di giustizia poetica.
“Ascoltami” disse, ma qualcosa di duro e tagliente lo colpì alla testa.
“Zitto. Devi stare zitto”
Un tempo mi ha voluto bene, pensò. “Mi dispiace...”
“L’hai lasciata crepare! Io...”
“Non puoi sapere cos’è stato! Non ho potuto fare nulla...”
“Allora dovevi rimanere e morire con lei! La mia bambina... l’hanno sbranata! Disonorato! Bastardo!” Riprese a colpirlo.
“Ti prego” riuscì a dire “ti prego, non me lo merito.”
“No, forse no” ammise l’altra voce, e poi sentì un dolore lancinante alla testa, una, due, tre volte, fino a quando non sentì più nulla.

Ore dopo, le cose riuscirono ad entrare nella casa e ne uscirono con due elementi in più. Il primo, che in vita era stato un omone timido che aveva amato la moglie con la devozione che si riserva alle cose belle, si aggirava a fatica per quello che un tempo era stato il suo giardino, trascinandosi sulle gambe maciullate. Lo osservava senza realmente vederlo il secondo, un vecchino minuto con un piccolo foro circolare in fronte, il cappello macchiato di sangue ancora sul capo. L’astio era sparito. Qualunque cosa era sparita.
I due si unirono al branco in movimento, dirigendosi verso la campagna aperta.

Massimo Toniato