Donne in rosso

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2012 - edizione 4

Mancavano pochi minuti all'inizio della kermesse. Giada, aveva lavorato duro. L'idea, le vagava nella testa già prima del trapasso.
Con grande soddisfazione aveva raggiunto il suo obiettivo: trentadue chili per un metro e settantacinque di altezza. Era pronta ad entrare nel sogno: percorrere le passerelle degli atelier più famosi, ma la morte l'aveva stroncata, lasciandole le pupille sbarrate dalla sorpresa.
Giada, non si era sentita sconfitta, tutt'altro. Era appena arrivata e già cercava, nelle tombe, ragazze come lei, desiderose di partecipare all'evento che avrebbe organizzato.
Il sotterraneo era in subbuglio. Il lavoro ferveva. Avevano raccolto cumuli di ragnatele e suddivise secondo la grandezza e la consistenza. Della colorazione si era interessata Giada.
Tra le pagine della mente, c'era già il tema che avrebbe definito la sfilata: "Donne in Rosso."
All'interno di grossi crani, aveva immesso il sangue raccolto dalle bare: secco, grumoso, vischioso, ancora miscelato ai liquidi corporei; nelle diverse tonalità del rosso.
L'aveva suddiviso secondo l'intensità: dal rosso bruno al rosso chiaro. Infine aveva intinto le tele. Un risultato fantastico. Per la sfumatura più chiara aveva dilavato il suo. Era ancora fresco.
Giada preparava i modelli, le ragazze univano, arricciavano, pieghettavano tra loro quei tessuti evanescenti dalle sfumature simili a tramonti africani.
Il percorso era stato tracciato lungo il viale delle cappelle più signorili. Ai lati, centinaia di candele illuminavano il buio della notte. I morti erano stati svegliati per partecipare al grande evento. Il cimitero sembrava una bolgia infernale: chi scendeva, chi saliva, chi usciva dal pianoterra.

Le modelle erano pronte. Indossavano abiti da gran sera. Nel silenzio dell'attesa, si erano incamminate lungo la passerella a piedi nudi. Alcune, sotto l'abito mostravano lo scheletro nudo; altre, lo avevano ancora ricoperto da brandelli di pelle, tendini e vene grumose, che oscillavano tra le stoffe velate. Si muovevano a scatti. Sembravano bambole disarticolate.
Il clic-clac delle ossa davano il ritmo al passo. Le cavità oculari avevano, tutte, lo stesso sguardo: fisso nel vuoto. Ma Giada non vedeva quell'orrore. Guardava estasiata la magrezza delle indossatrici e i suoi modelli.
Era arrivato il suo momento. Doveva chiudere la sfilata.
Il vestito rosato, dalle balze vaporose, le ondeggiava sopra lo scheletro ancora ricoperto da una pelle grigia e appassita. Si sentiva divina.
Tra battiti di ossa rinsecchite, s'inchinava al pubblico. Ad un tratto, il pizzo della gonna aveva lambito la fiamma di una candela. Le vampe l'avevano avvolta e ridotta a torcia umana. Tutti erano fuggiti, lasciandola lì, a fumare come un tizzone bagnato.
All'alba, il becchino era inciampato nel suo corpo,esclamando:
"Stanno diventando peggio dei vivi! Ogni notte ne ammazzano uno. Anselmo! Prendi la carriola e portala via. E' quella nuova. Cappella 64."

Silvia Pierelli