Per sempre

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2012 - edizione 4

Sto guidando da poco più di 10 minuti, ma l’impressione è quella di farlo da un’eternità. Accanto a me Eva, con le mani stringe il grembo che per nove mesi ha cresciuto nostro figlio Alex. Piove e so che dovrei rallentare ma l’ennesima dolorosa contrazione di mia moglie mi allarma e schiaccio ancor di più sull’acceleratore. Attraverso i finestrini il paesaggio è una macchia verde scuro che si mescola con il grigio pallido della nebbia, il cielo è quasi nero e le nuvole cariche di pioggia minacciano di scatenare una vera e propria tempesta. Dovrebbe essere il giorno più bello della mia vita ma non riesco ad essere felice, cerco di capire perché ma quando mi sembra di aver trovato la spiegazione questa fugge via dalla mia mente come se fosse una foglia al vento.

Un’altra contrazione mi distoglie dai miei pensieri e mi spaventa a tal punto che per una frazione di secondo perdo la presa sul volante. Sento Eva che allunga una mano e stringe forte la mia appoggiata sul cambio dicendomi che tra poco saremo una famiglia e che non smetterà mai di amarmi. Mi volto verso di lei, mi guarda con occhi stanchi ma di una dolcezza infinita, una ciocca di capelli è appiccicata sulla fronte imperlata di sudore, ma così sembra ancora più bella. Apro la bocca perché voglio dirle che anch’io la amo e sempre lo farò, ma in quel momento la ruota destra anteriore prende un pieno una grossa buca della strada, la macchina sbanda ed io non riesco più a controllarla, esco di strada e finisco dritto contro un albero. L’impatto è tremendo, non riesco più a muovermi e sento la vita scivolare via pian piano dal mio corpo, apro gli occhi e vedo Eva, il suo bellissimo corpo in una posizione innaturale ed il cranio fracassato contro il parabrezza. L’angoscia della visione a cui sono costretto ad assistere è talmente forte che prego Dio che faccia morire anche me in quell’istante insieme a lei, poi dopo un minuto che sembra un’eternità i miei occhi si chiudono ed è solo buio.

E’ solo in questo momento che capisco il perché del mio malumore, la mia “non vita” è come un giradischi in cui la puntina continua a saltare nello stesso punto del vinile, sono costretto a rivivere questa scena milioni di volte, eppure quando mi ritrovo seduto a guidare sembra sempre come se fosse la prima. In questo sprazzo momentaneo di lucidità chiedo che tutto questo possa finire una volta per tutte; nessuno ha mai risposto alle mie suppliche fino ad oggi quando una voce dentro di me dice che tutto finirà solo quando riuscirò a liberare il mio cuore dal ricordo di Eva e del mio figlio mai nato, solo allora potrò avere pace.

 

Mi rendo subito conto dell’assurdità della richiesta perché l’unico dei sentimenti umani ad essere eterno è proprio l’amore ed è proprio questo sentimento che mi vieta di dimenticare quell’ultima frazione di secondo prima dell’incidente, quando i miei occhi hanno incontrato quelli della donna che amerò per sempre.

Gianluca Bonetti