Hotel Astaroth: la prima notte e' gratis

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2012 - edizione 4

Percorro rapidamente lo stretto corridoio dell'albergo. Sono le due di notte e sto cercando di capire la provenienza delle urla che mi hanno fatto sobbalzare nel letto.
Eccole, ancora. La voce mi sembra quella di un bambino, e ne ho la certezza quando raggiungo la stanza numero 122. La porta è socchiusa.
Mi chiedo dove siano finiti tutti. Nessuno che sia uscito dalla propria camera attirato da questi versi strazianti. Per un attimo mi pento di non aver chiamato subito la reception, poi, con addosso solo il pigiama e con il cuore che mi martella il petto, mi accingo ad entrare.
La scena che mi si presenta davanti è raccapricciante e mi spiazza completamente.
Il bambino è rannicchiato su un angolo del letto matrimoniale: mi sta fissando con occhi pieni di terrore, ha il viso ricoperto di sangue. C'è sangue ovunque.
Le lenzuola in cui è avvolto sono completamente inzuppate di liquidi e interiora, il puzzo è nauseante.
Riesco a stento ad aprire bocca. Le prime parole confuse sembrano note stonate nel silenzio di piombo che si è creato dopo il mio arrivo. Chiedo al bimbo cos'è successo, e provo ad avvicinarmi per cercare di tranquillizzarlo. Per tutta risposta un altro urlo agghiacciante gli esce dalla bocca. Grida con tutta la forza che ha in corpo, indicandomi la porta del bagno con la manina sanguinante.
Facendo appello al briciolo di coraggio che ancora mi resta, mi catapulto verso la toilette seguendo la scia rossa sul pavimento.
Spalanco la porta preparandomi al peggio, non so se riuscirò a controllare i nervi non appena avrò acceso la luce. Passano alcuni interminabili attimi prima che riesca a trovare l'interruttore e a premerlo.

Deglutisco la poca saliva rimasta in gola mentre scorgo il corpo di una giovane donna riverso sulla vasca da bagno. E' vestita con un grembiule blu bordato di giallo, deve essere una addetta delle pulizie. Mi dà le spalle, è inginocchiata sul bordo della vasca con la testa ripiegata verso l'interno: i lunghi capelli neri sono impiastricciati di sangue.
Dopo un paio di secondi vinco la paura e le metto una mano sulla spalla per tirarla su.
Non ho il tempo di fare nient'altro. Non mi accorgo di nulla, perché sono completamente concentrato sulla ragazza. Non sento i passi furtivi dietro di me, non mi volto nemmeno. Quando ormai è troppo tardi, avverto un colpo violento alla schiena. Qualcosa o qualcuno mi è piombato addosso senza che io possa reagire.
Provo in tutti i modi a ruotare la testa per divincolarmi dalla morsa, e quando finalmente riesco a girarmi, lo vedo. Il bambino è su di me, mi stringe il viso tra le mani e urla parole blasfeme che capisco a stento.
Non ho modo di realizzare quello che sta succedendo. Lui accosta bramoso la sua testina all'altezza del mio collo, e con un morso deciso mi strappa un grosso brandello di carne. Avverto un dolore intenso, straziante.
Mi restano solo pochi secondi per notare, fra i getti di sangue, il suo sguardo appagato, beffardo, prima del buio.

Diego Cocco