Cerchi

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2011 - edizione 10

Vidi Mario sul marciapiedi davanti alla sua tabaccheria, inclinato come se la schiena si reggesse contro un muro invisibile. È così che sembra quando qualcuno si appoggia al limite del proprio cerchio, ma io sapevo che il suo non finiva lì. Era più piccolo del mio, ma arrivava almeno al palazzo di fronte.
- Ehi, Mario, che fai?
- Non bastavano i cerchi. Adesso si restringono anche. - Stese le braccia in avanti, ma si fermarono prima che fossero dritte.
- Così piccolo?
Sbuffò.
Un brutto presentimento si insinuò nella mia testa. - Scusa, ma devo andare.
Corsi da Lucia, al solito posto. Era ferma sul marciapiedi, qualche metro dietro la nostra panchina. Le mani alzate, i palmi verso di me, mi fecero tremare. Sapevo perché stava così.
Rallentai e sollevai le braccia. I miei timori divennero solidi, nella forma di contatto con una barriera invisibile ma impenetrabile. La panchina era irraggiungibile. Lucia era irraggiungibile.
- Lucia...

Si voltò e corse via.
- Lucia, aspetta!
Avrei voluto dirle di tornare. Che sarebbe andata bene anche così, anche se il contatto era diventato impossibile. Anche se non ci saremmo più potuti sedere insieme sulla nostra panchina, o mangiare al caffè all'angolo, in quella minuscola striscia che era l'intersezione dei nostri cerchi. Ma non riuscii a parlare. Lucia sparì in una traversa, fuori dal mio mondo.
Tornai a casa. Ero quasi arrivato quando sentii le urla. Prima gemiti strozzati, poi strilli acuti. Venivano da tutte le direzioni. Non vedevo niente di strano intorno a me, ma temevo ad andare avanti, perché avevo capito.
Superai l'angolo del palazzo. Dove prima c'era Mario, ora si ergeva una colonna rossa e bianca, larga quanto un pugno e alta più degli edifici intorno, come un tubo di vetro pieno di liquidi misti a frammenti solidi.

Marco Migliori