Edgar

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2011 - edizione 3

Il silenzio della notte è rotto dal calpestio di passi in corsa misti ad un deciso ansimare e rantolio.
Questi gli unici suoni che gli escono dalla gola, null’altro, avendo la carotide lesa dall’artiglio che lo ha ghermito pochi momenti prima in maniera quasi fatale. Mai si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte l’essere che accompagna il peggior incubo dei sogni di ogni uomo fin da bambino: l’uomo nero!
Ma perché nessuno sentiva nulla, perché nessuno di quei maledetti ragazzini usciva dalla propria stanza a curiosare come facevano sempre. Tenendo premuta la gola dalla quale escono brevi fiotti di sangue, col fiato corto per essersi precipitato per tutte e sei le rampe di scale, si ritrova nella hall al piano terra. La salvezza era Ivan, il custode notturno, che, quantomeno, vedendoselo arrivare in quello stato lo avrebbe aiutato.
Incespicando gli ultimi passi cade rovinosamente di lato alla piccola reception dove scopre che il corpo di Ivan è a terra privo di sensi. Non gli riesce di tirarsi su perché il suo inseguitore gli è addosso e lo afferra con forza sovrumana per i capelli.

P... er... chè... Ed... gar? - riesce a dire con un filo di voce prima che il suo assalitore con un colpo secco gli squarci la gola.
Il giorno dopo la hall dell’orfanatrofio è piena di poliziotti che stanno facendo gli ultimi rilievi; intanto il capo detective, nel salone di fianco, ha appena finito di raccogliere le deposizioni del guardiano, che non ricordava nulla a parte la botta in testa, e dei 15 ragazzini ospiti dell’istituto.
Tieni – dice porgendo il taccuino al suo assistente – Tolto il custode, dubito che qualcuno di loro sia il colpevole. Nessuno ha la forza da poter aver ridotto quel povero disgraziato in quello stato. Se non è prova di colpevolezza avere il gusto dell’orrido, direi che l’unico imputabile è quello più gracile del gruppo, il fan di tutti i mostri di questa terra, considerato che ha la stanza piena di disegni di quella roba. Com’è che si chiama? Ah, sì... Edgar!

Francesco Martino