Felicità lontane

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2010 - edizione 9

- Dimmi perché non possiamo farci compagnia. In fondo siamo stati insieme per tutta la vita, non è facile adesso rinunciare a qualsiasi rapporto.
Luciano le gettò uno sguardo gelido.
- E’ fuori discussione. Sto frequentando un’altra donna e lei non vuole assolutamente che noi due ci si continui a vedere. È gelosa.
- Ma a te farebbe piacere?
- Forse.
Caterina raccolse la borsa e la sciarpa, si alzò spostando indietro la poltroncina con un colpo secco e salutò l’ex marito con un monotono ciao.
Odiava doverlo implorare, elemosinare un gesto di affetto, una chiacchierata ogni tanto o un incontro fugace in un antro. In fondo erano stati insieme trentasette anni. Sette di fidanzamento seguiti da un lunghissimo matrimonio, coronato dalla nascita di due bellissimi bambini.
Credeva di amarlo ancora e sentiva la sua mancanza, anche se a volte si trovava a pensare che non era poi così male vivere da sola, mangiare se aveva fame e dormire se aveva sonno.
All’inizio invece, subito dopo la sua scomparsa, le giornate le erano parse dei buchi neri da riempire a qualunque costo. In quel periodo non riusciva a stare in casa. Tornava dal lavoro e le veniva da piangere al pensiero di entrare nella loro vasta e desolata dimora, piena di ricordi e di felicità lontane.

Così girava a vuoto per ore, che fosse sereno o nuvoloso, che piovesse o facesse un gran caldo. Camminava senza meta per la città fino a sentire le gambe indurite come pezzi di legno.
Sì, credeva di amarlo ancora. Lo aveva amato tanto. Adesso era pieno di vermi e puzzava come un maiale, ma a lei piaceva lo stesso. Anche da morta vivente.
Si avviò barcollando, tutte le volte che usciva all’aperto l’aria le faceva quell’effetto. Si scrollò la terra di dosso e guadagnò fiduciosa l’uscita del cimitero.

Fiorenza Flamigni