Sotto il noce, dietro le rovine

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2010 - edizione 9

Io e Andrea arrivammo a Predalisso per caso. Dalla statale 24 un cartello indicava una deviazione verso un improbabile “bar”: avevamo fame, e svoltammo.
La stradina sterrata dopo pochi metri si inoltrava nel bosco e noi avemmo la sensazione di immergerci in un mondo irreale, in un altro tempo. Arrivammo in un paese disabitato: un grappolo di casette di pietra, più o meno diroccate, e un gran silenzio, a parte il ronzio degli insetti. Entrammo nelle case e nei cortili abbandonati.
Un po’ fuori dal paese, scorgemmo i resti di un casolare e cominciammo a fantasticare di ristrutturarlo, ma ci accorgemmo di una donna, vestita di nero, seduta sotto il noce che cresceva proprio davanti alla casa. Salutammo da lontano e ci avvicinammo. La vecchia continuava a guardarci fisso, senza dire una parola. Poi, improvvisamente, cominciò a ridere e, in mezzo al silenzio, l’assurdità di quel suono mi gelò il sangue. Allora mi girai verso Andrea, e Andrea non c’era più. Guardai verso il noce, ma anche la vecchia era sparita.

Mi ritrovai sola, a chiamare mille volte, inutilmente, Andrea. Il cellulare non funzionava. Vagavo impazzita tra le case, sperando che, chissà come, Andrea ricomparisse. Fino a sera. Quando il sole tramontò, risalii in macchina e raggiunsi un paese vicino.
“E qual è il nome del luogo dove è scomparso suo marito?” mi chiese il poliziotto che raccoglieva la mia denuncia. “Predalisso, diceva il cartello” risposi. Il poliziotto mi squadrò perplesso: “Come?” Ripetei il nome, ma l’agente scosse la testa e se ne andò a confabulare con un superiore.
Fu quest’ultimo a spiegarmi, parecchio imbarazzato, che forse mi ero sbagliata: “Il sole, il caldo... capita, sa? Non si deve preoccupare. La faccio accompagnare io all’ospedale. Stia tranquilla, signora.”
Andrea, non lo rividi mai più.

Ho un lavoro, un marito, due figlie, qualche chilo di troppo e più di quaranta primavere sulle spalle. Ho imparato da sola a leggere e a scrivere a 3 anni e mezzo, guardando un programma televisivo per analfabeti, e poi ho continuato con entusiasmo. Un innato senso estetico mi ha sempre trattenuto dal diffondere le cose che scrivo. Ultimamente ho smesso di contenermi, forse a causa dell'indebolimento cognitivo di mezza età. Tanto, nessuno è perfetto.