Suoni nel buio

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2010 - edizione 2

Giada continuò a correre a perdifiato, vedendo le mura stringersi avanti a sè, continuò ancora, spinta dall'adrenalina. Non voleva essere presa da quella cosa e questo la spingeva a correre sempre più forte. Vide una porta metallica, la chiuse alle sue spalle e vi si appoggiò sopra. Aveva il fiato corto. Si appoggiò alla porta, decisa a riposarsi un po’, di certo aveva guadagnato un po’ di vantaggio su quella creatura. Lì si sentiva al sicuro, poggiò le mani sulla porta per farle smettere di tremare. Il suo respiro affannoso era l'unico rumore che sentiva, ma poi qualcos'altro si mescolò al suo respiro, un leggero ticchettio, dapprima leggerissimo, poi man mano più forte e più intenso, che ben presto raggiunse un volume da far male alle orecchie. La velocità arrivo al culmine con un tonfo, veniva dalle sue spalle. Doveva spostarsi di lì, ma non ci riusciva, aveva perso il controllo del corpo. Si concentrò più che poté per staccare le mani dalla porta, ma queste non rispondevano. Un altro tonfo, che fece tremare la porta, cominciò a piangere, sforzandosi di muovere le mani. Il metallo si squarciò a dieci centimetri dalla sua testa, un lungo artiglio nero aveva penetrato lo spesso metallo ed era scomparso subito, per abbattersi ancora sulla porta con un pesante tonfo. Ora che c'era una falla si poteva sentire benissimo lo sbuffare del mostro. Chiamò a raccolta tutte le sue forze per muovere le mani.
<<Muovetevi!>> gridò disperata e le mani si mossero, poi tutto il corpo. Era come uscita da un sogno, poteva muoversi liberamente ora. Si allontanò velocemente dalla porta, il lungo artigliò ampliò lo squarcio, il nero volto del mostro comparve per un attimo dalla fessura, mentre sbuffava ferocemente.

Riprese a correre, sapeva solo che doveva correre per non essere catturata, di lì a poco la porta avrebbe ceduto. Quei dannati corridoi erano tutti uguali, non c'erano stanze o angoli bui dove nascondersi. Si sentì un boato più forte e il ticchettio riprese. La porta aveva ceduto, sentendo la rapidità dei suoni il mostro l'avrebbe raggiunta di lì a poco, scappare non serviva. Giada si fermò. Il mostro arrivò subito, ad una velocità impressionante, con la testa protesa in avanti. Il ticchettio, notò, era dovuto agli artigli delle zampe che grattavano sul cemento. Era orripilante come si ricordava, vedeva miliardi di immagini di volti disperati che coprivano il suo corpo come una sorta di liquido. Le si avvicinò, piano, sembrava aver capito di averla in pugno. Scoprì i denti ed emise un grido agghiacciante, dell'altro mondo, come se tutti i volti urlanti che aleggiavano intorno ad esso urlassero con lui, nel farlo rovesciò la testa all'indietro e allargò le sue braccia, che terminavano in tre grossi artigli. Giada riprese a piangere e a tremare, fissò il braccio alzarsi, vide i grossi muscoli contrarsi, mentre emetteva un altro grido, vide alcuni volti sul braccio, presto si sarebbe unita a loro. Chiuse gli occhi e sperò che tutto finisse presto.

Marco Fusco