L'ultimo uomo sulla terra

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

La pioggia, rumorosa e sempre più frequente, dalla pensilina ossidata per lo smog e il tempo, cascava sciogliendo i lembi dei quotidiani mal riparati. Presa una rivista, quasi a caso, la infilò sotto l’impermeabile scuro e fradicio e alzatone il collo largo e avvolgente iniziò a correre.
Il lungo e desolato viale rimbombava sotto i suoi passi pesanti. - “Ciack... Ciack...” -. A un certo punto l’uomo si arrestò girandosi di scatto. Come delle voci, e per un attimo trasalì, ma vide intorno solo un bidone della spazzatura rovesciato e qualche invadente, madido ippocastano.
Riprese in direzione della sua abitazione, distrattamente, indifferente alla pioggia che ormai gli filtrava nelle scarpe e nelle mutande. Giunto in direzione di un vicolo ancora uno scatto. Un rumore di lattine mentre un cane randagio, rognoso, si sporse circospetto, la pellaccia attaccata direttamente alle ossa, con in bocca qualcosa di scuro. Si scambiarono uno sguardo. La cosa scura nelle fauci ebbe uno spasimo vitale. Il cane strinse la morsa, un rantolo, la bava mista al sangue, poi si voltò e sparì.

Dietro l’angolo il portone di casa era semi aperto. Incurante del proprio stato l’uomo si infilò nel vecchio edificio, guardò pensieroso i quattro ingressi degli appartamenti e poi deciso andò a rifugiarsi in uno di questi. Ancora zuppo sedette sulla poltrona e accese la televisione. I canali non sintonizzati gracchiavano mentre l’uomo passava sbadatamente da una schermata grigia a un’altra.
Arrivò finalmente un’immagine. Una poltrona vuota, silenziosa. L’uomo lasciò il telecomando, distese le gambe e aprì la rivista. La copertina ancora umidiccia riportava la data vecchia di un anno.
Il segnale tv mancò quell’istante che permise di imprimere sullo vetro scuro dello schermo un viso immobile e due occhi fissi, scintillanti. Non si accorse che quella era la sua immagine. Sembrava felice. Sorrise, l’ultimo uomo sulla terra.

Davide Milo