Gli specchi

2° classificato al concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

Gli specchi arrivarono dal nulla, un giorno come tanti altri. Come foglie prese dal vento volteggiarono tra le strade del paese.
Gli abitanti fuggirono terrorizzati alla loro vista: qualcuno si barricò in casa, qualcun altro avvisò polizia, pompieri, chiunque.
Nessuna delle persone che in seguito affollarono la cittadina seppe trovare una spiegazione. Nessuno sapeva come comportarsi.
Gli specchi, grandi come una figura umana, non riflettevano le immagini: in ciascuno di loro viveva una donna o un uomo. Fluttuavano storditi. Si guardavano intorno con aria meravigliata. Piatti, come fossero fatti di vetro essi stessi. Eppure bellissimi.
Col passare dei mesi il paese imparò a convivere con gli specchi, l’esercito che li sorvegliava e i curiosi che venivano ad ammirarli, ed essi si dimostrarono innocui.
Uno di loro si fermò nel giardino del direttore dell’ufficio postale. Un uomo mite, che nella vita non aveva mai trovato il coraggio necessario per godere di una piena soddisfazione.
In quello specchio vi era la più bella donna che un essere umano avesse visto. Tuttavia l’uomo, intimorito, la scansava. Lei rimase in quel giardino, mese dopo mese.

Lo seguiva quando lo vedeva arrivare. Quando lui si rinchiudeva in casa, aspettava. E infine lui si avvicinò.
Timoroso, soffiò sul vetro, appannandone una parte. Lì scrisse col dito un messaggio per lei. La donna non capì, ma sorrise e posò un palmo all’interno dello specchio. Nello stesso punto l’uomo pose il proprio. Si alzò in punta di piedi e la baciò. Ma tutto ciò che le sue labbra assaporarono fu vetro, freddo come ghiaccio.
Il giorno dopo ritornò con un diamante. Per te, scrisse sul proprio respiro all’immagine che gli sorrideva senza capire. Tutto o niente, pensò. Ti libererò!
Incise lo specchio col diamante, febbrilmente. Lungo il taglio prese a sgorgare sangue, mentre la donna, muta, urlava.

Cosimo Buccarella

Informatico di professione e scrittore dilettante, ho ricevuto più soddisfazioni dalla partecipazione ad un solo premio letterario (a cui un mio racconto si è piazzato al quarto posto) che in dieci anni spesi dietro ai computer.