The show must go on

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Mancava appena qualche minuto all’inizio dell’evento e lo stadio, gremito all’inverosimile, era assolutamente uno spettacolo fuori dall’ordinario.
Migliaia di individui, di ogni razza ed estrazione sociale, affollavano le gradinate della colossale struttura in acciaio e cemento. Il tutto accompagnato da una incomprensibile cacofonia di cori, applausi, suoni e fuochi d’artificio.
Le principali emittenti televisive erano sintonizzate su quella che era considerata, a giusta ragione, la madre delle partite. La più importante di tutti i tempi.
Nell’incantevole cornice dell’evento, si riuscì a male pena a percepire l’annuncio degli inni delle due squadre, allineate sul rettangolo di gioco e rivolte verso la tribuna d’onore.
Uno scroscio assordante di applausi accompagnò, soverchiandola, la splendida esibizione bandistica. Poi il direttore di gara, con gesti plateali, invitò i capitani a guadagnare il centrocampo.

Compiuti i preliminari dello scambio dei saluti e dei rispettivi gagliardetti, i due giocatori si allontanarono verso i compagni per riferire quanto appena appreso dall’uomo nero.
Un glaciale silenzio, repentino, distese il suo tetro mantello sugli spalti mentre dall’altoparlante veniva dato il mesto annuncio.
Quando l’arbitro fischiò l’inizio del minuto di raccoglimento per la dipartita di Robert Neville, l’intero universo sembrò fermarsi per sessanta interminabili secondi.
Poi inverosimilmente, nell’incredulità generale, il match ebbe inizio.
La finale fra le compagini degli zombie e dei vampiri, nonostante tutto, era un evento mediatico troppo importante per poter essere rinviato.

 

“... d’altronde era soltanto un uomo!” - farfugliò il telecronista, nella sua inconfondibile voce cavernosa mentre la telecamera catturava un epico scontro fra i due mostri sacri Romero e Stoker.

 

Lo show era appena cominciato.

Carmine Cantile