Nono: non desiderare la donna d'altri

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Mia finalmente, nuda nella penombra. La tua testa poggiata nel mio gomito. Anni a desiderarti eppure ora non ti riconosco. Non so chi sei. Chi ti porti dentro. Nel tuo viso una luce diversa e maligna. Diventa un triangolo ferino. C’è qualcosa di animale nei tuoi tratti somatici. Per un attimo gli occhi ti si fanno di brace. No, non può essere. Sto sbagliando. Evochi la Bestia. La tua bocca socchiusa è seria. Un’espressione di attesa alle mie reazioni. Ho paura. Meglio non lasciarsi suggestionare. Ti guardo titubante. Gemi alle mie carezze intime. Ti bacio per non pensare che mi spaventi. I miei sensi sono acuiti a carpire il tuo comportamento. Pronto al peggio. Femminili sospiri si trasformano in ancestrale brusio che cresce e diventa un sordo verso gutturale, ebollizione bronchiale, profonda, cupa, carica di toni bassi e gravi. Ora sei di ghiaccio.

Fredda, gelata, dura. Guardo il tuo pallore irreale. Sembri un pupazzo di cera, inanimato, bianchissimo. Sulla tua bocca compare un ghigno. Come quando i becchini, ricomponendo un cadavere, ne rivolgono in su gli angoli delle labbra cercando di donargli un sorriso posticcio. Vorrei allontanarmi, rivestirmi in fretta, scappare da questa stanza. Non riesco a muovermi. Posso solo baciarti. Un borborigmo oscuro ti cresce in petto. Sento l’amaro in bocca. Liquido come fiele ti sgorga. Nero nella penombra. Nero ad imbrattarmi la bocca, il mento, il collo. Faccio un balzo indietro ma i tuoi occhi si aprono di colpo. Sbarrati. E la tua mano diventa una morsa. Mossa da una forza inumana mi afferra i testicoli. Un dolore immane si impadronisce di me. Prima al ventre. Poi alle tempie. L’ultima cosa che vedo è che stiamo precipitando verso un magma rosso. Ribollente. Caldissimo. E mi sento dilaniare il cuore da un morso senza fine.

Alberto Tristano