Solo aria

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Sai cosa succede?
Che ti metti a strillare e urli fino a sfondarti la gola. Eppure ti sembra di muovere solo aria.
Cerchi di colpire il legno a calci, a pugni, perfino a testate, con tutta la forza che hai.
O che ti aggrappi al velo di raso amaranto o al lenzuolo di seta e tiri, tiri forte.
Eppure ti sembra di muovere solo aria.
Ti disperi, nel tentativo di fare abbastanza rumore, anche se lo sai che non ti sentiranno mai. Non si accorgeranno mai di te, che sei condannato all’eterna prigionia.
E piangi. Silenzioso come il buio in cui sopravvivi.

Lei si gira nel letto. Sbuffa.
Non dormi? biascica lui, assonnato.
Non ci riesco, risponde. Questa stanza è un continuo scricchiolare.
Saranno i fantasmi, le sussurra abbracciandola.
Sorride, lei. E gli si accosta al petto, scivolando tra le fredde lenzuola di seta.
E si abbandona al sonno, pensando a un armadio nuovo, che quello non la smette di scricchiolare, mentre un filo di vento sposta appena appena la tenda di raso amaranto.
È solo aria, pensa, e si addormenta.
Non ricorda che la finestra è chiusa.

 

E tu allora gridi e tiri un altro calcio all’armadio, più per stizza che per farti sentire. Riesci solo a farlo scricchiolare. E nemmeno se ne accorgono, loro, che ormai dormono.
Dunque non ti resta che desistere. Perché lo sai, che è solo in quell’attimo prima dell’addormentarsi, che il limite tra vivo e morto quasi si annulla. E l’hai perso, ancora una volta.
Così, rassegnato, succede che te ne resti lì a osservarli, nel buio. E se ti va, ti stendi in mezzo a loro, ancora per un’altra notte.

Valchiria Pagani