Memorie dal buio

vverto qualcosa entrando in questa casa.
Qualcosa che si arrampica inchiodando le sue dolorose unghie sulle pareti della mia memoria.
Lo so che presto arriverà in cima...
Lo so.

 

Buio. Mobili poveri, come la vita.
Spifferi secchi di scirocco dondolavano le ante dell’unica finestra generando un annaspante cigolio.
L’uomo. Sguardo fisso alle mani, annodate attorno al crocifisso.
La donna. Stretta in un’ansiosa morsa, nell’attesa delle parole che avrebbero rotto quell’inverosimile mutismo.
Le dita a far scorrere il rosario, le labbra immobili, lo scricchiolio della finestra metronomo di un tempo che il silenzio rendeva statico.

 

Aria trascinata nei polmoni, poi spinta fuori unita alla voce.
- Serve olio, olio d’oliva. E cinque candele mai accese. Ne avete?
Un lieve movimento della testa della donna. Poi i suoi passi trascinati verso la cucina.
Colpi di tosse dal piano superiore. L’uomo alzò la testa d’istinto.
- È mia nonna, stia tranquillo - disse la donna rientrando nella stanza - E’ vecchia e malata. Ho preferito non dirle nulla.
- Ha fatto benissimo. Ora deve andare, non può restare qui. C’è poco tempo e io devo pensare al suo bambino.
Gli occhi gonfi di lacrime puntarono l’uomo con impeto rabbioso.
Poi si abbassarono, rassegnati all’impotenza dell’attesa.

Versef... è questo il tuo nome. Sei tu che stai scalando quelle pareti.
Percepisco la tua malevola presenza, il sulfureo respiro dei tuoi servi solleticarmi il collo. Sorvegliano ogni mio passo solitario in questa casa.

 

La luce delle candele illuminava il corpicino esanime rendendo verdastro il suo pallore.
Le mani dell’uomo disegnavano simboli sull’olio.
Poi si appoggiarono alla fronte del bambino.
Un vortice di urla disumane si scatenò fuori dalla stanza.
L’uomo allontanò di colpo le mani e nello stesso istante la ressa sonora si placò.

 

Non devo avere paura.
Versef, adesso so che è un tuo blasfemo strumento ad aver generato tutto questo.
Le voci delle anime intrappolate nella tua sacrilega lampada ti hanno trascinato per le braccia fino alla cima dei miei ricordi.
Il pensiero che sotto questo tetto brilli quell’empia fiammella sgretola lentamente la mia audacia.
Ma la devo trovare. Per questo bambino che, ignaro del tuo spregevole inganno, l’ha accesa.

 

Una corrente gelida investì l’uomo appena fuori dalla stanza.
Il vento saettava ovunque sibilando attraverso ogni fessura e spiraglio.
Mescolate a esso, le voci urlanti tornarono a tormentare l’uomo.

 

La morsa che adesso mi stringe lo stomaco rievoca una sensazione antica.
Sono già stato in questo posto?
È forse un ricordo accantonato in un angolo remoto?

 

"Non dovete giocare in questa casa!
La signora sta male, molto male. State in silenzio o qualcuno di voi finisce nella stanza buia!"
Queste parole.
Si insinuano come una cantilena nella mia mente, fino a rompere il guscio che avevo costruito da bambino, lasciando riaffiorare un lontano ricordo.

 

“Se finisci nella stanza buia sentirai le voci. Non devi temerle. E non devi accendere la lampada. I suoi riflessi dorati brilleranno nell’oscurità. Ma se la accendi il demone entrerà nel tuo corpo e per te sarà la fine. Se ne andrà solo quando la lampada sarà spenta, ma allora la tua anima resterà intrappolata al suo interno e la tua voce griderà insieme alle altre, verso chi dopo di te sarà rinchiuso nella stanza”.

 

Chi ha cercato anni fa di incastonare vanamente queste parole nella mia mente?
Cosa mi ha riportato qui dopo tanti anni?
Versef, ha davvero avuto inizio tutto con te? Tu già avevi messo radici nel mio destino prima ancora che cominciassi a combattere voi demoni e i vostri servi?

 

L'uomo salì i gradini uno per volta. Lentamente.
Arrivato in cima due sole porte gli si pararono davanti.
Aprì quella alla sua destra.
Buio.
Uno spettrale piagnucolio di bambino gli giunse alle orecchie.
Odore di olio bruciato.
Il suo sguardo a farsi strada nell’oscurità.
A pochi passi da lui un riflesso dorato.
La lampada. Spenta.
Uscì velocemente lasciando il buio alle sue spalle.
Spalancò l'altra porta.
Una tetra risata di donna impregnò per sempre le pareti della sua memoria.

Valchiria Pagani Francesco Donato