Occhi di fiamma

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Le creature affollavano lo stadio e biascicavano, penose, dietro la rete metallica.
Lui, il dominatore, le guardava, guardava il loro lento ondeggiare, senza senso, i loro occhi fissi come rettili a sangue freddo, le loro bocche capaci solo di mugolii sinistri.
Sentiva le loro pulsazioni cerebrali, semplici ma al tempo stesso in preda a una tensione impazzita; li conosceva bene, li aveva presi, accompagnati nell’attraversare il fiume un tempo, e un imprinting primordiale li aveva resi succubi di lui, prima creatura che avevano visto dopo la nuova vita, un padre a cui obbedire.
Seduto sul trono scrostato dal tempo e dalla storia, fece il segnale.
Un gong, possente e stonato, rimbombò nell’arena improvvisamente silenziosa. Eccolo, lo vide, stava entrando: un umano impaurito e scalzo, più scoordinato ancora delle figure senza anima e senza coscienza che lo circondavano.

Non sentiva pena per quell’individuo, era solo un mortale, un essere finito, senza futuro. Si alzò dallo scranno, lento ma autorevole, lo avvicinò, gli prese il viso piangente tra le mani, lo accarezzò come si accarezza il marmo levigato e con rapida e sapiente mossa torse il suo debole collo. Era l’ultimo, la sua razza perduta per sempre.
Non l’avrebbe caricato sulla sua barca sghemba, no. Ormai da così tanto tempo l’inferno era pieno e le anime dannate ritornavano sulla terra senza ricordi e avevano avuto la meglio sugli altri, sui coscienti.
Vaghi ricordi di epoche lontane e di razze umane estinte gli balenavano nella mente, un vorticoso ripetersi di caos, di guerre, di violenze inconsulte; la mente umana era fallace, animata da furori e passioni ma priva di saggezza, per nulla meritevole di dominare la natura. Ma gli anni a venire avrebbero visto una sola creatura senziente, Caronte e i suoi occhi di fiamma, in eterno.

Michele De Agnoi

Sono un ragioniere che a volte ama uscire dalla paurosa rete dei freddi numeri e inoltrarsi nel rilassato mondo dell'incubo.