L'ultimo atto d'amore

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Nel puzzo rassicurante d'una squallida mansarda parigina, Louis stringe tra le mani l’elsa di un coltellaccio sordido. Uno di quelli che si usano per squarciare i polli, dopo avergli tirato il collo e staccato la testa per mezzo di un colpo sferrato con precisione chirurgica.
Lo stringe e, con gli occhi chiusi, nel buio, si muove a piccoli passi, al ritmo dello scricchiolio prodotto dall’assito marcio che rincula sotto i suoi piedi.
Giunto di fronte al letto, la vede. Incantevole come una creatura notturna, troppo bella per non acquisire anche lo splendore della morte. E, detto fatto, le pianta il coltellaccio in gola. La carotide troncata comincia a zampillare sangue come una fontana impazzita, mentre ampi spasmi la scompongono fino a completo dissanguamento.
Loius si sveglia, sudato fin nelle pieghe più nascoste.
Forse ho sognato, confessa alacre.
Un terribile incubo, orrore nero.
O forse no.

Nel dubbio si volta e, infine, la vede. Lei, la donna dalle linee belle e scavate, rese morte da un’azione espletata così, senza alcuna poesia.
Sgomento, Loius scivola fuori dal letto, prende a correre e infila il bagno. Lì accende la luce e osserva lo specchio, ma non vede nulla. Sollevato, torna ai piedi del letto e guarda attentamente la donna. Ne studia ogni dettaglio, indizio, particolare.
Morta è morta, sentenzia placido. Dissanguata, certo...
Quindi rivolge lo sguardo verso due minuscole ferite, dalle quali si dipanano rivoli di sangue rappreso che, intersecandosi, formano una chiave di violino.
... e l’ho anche uccisa io, ma non con la ferocia che temevo. Potrei dire, anzi, d’averle tolto la vita con l’armonia e l’eleganza proprie di un bel canto.
Dopodiché Louis, il vampiro più romantico che questa terra abbia mai avuto la presunzione di partorire, si corica sul letto e riprende ad osservare il suo ultimo atto d’amore.

Marco Di Tola