Perché Simone ritorni

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Carla entrò in casa, si chiuse la porta alle spalle e gettò le chiavi sul tavolino. Un attimo dopo la borsetta era a terra, il cappotto appeso e la Tv in funzione.
Le diede un’occhiata. Un montepremi veniva dimezzato da una ghigliottina.
Frugò nella borsa alla ricerca del pacchetto di carta di giornale. Eccolo!
Lo scartò e tirò fuori le due piccole mani che conteneva.
Com’erano belle, proprio come quelle del suo Simone.
Lui, però, era tutto bello; un vero angioletto, volato in cielo con il suo papà mentre stavano attraversando la strada. Da allora lei aspettava solo un segno. Perché Simone sarebbe tornato.
Lavò via il sangue da quelle manine con tutto il suo amore di mamma, poi andò nella cameretta e le posò sul lettino.
Prese dal frigorifero le altre parti e le mise in ordine. Con calma. Come quando metteva il suo cucciolo a nanna.

Guardò l’insieme: mani, braccia, gambe, capelli, occhi, busto e il resto. Sorrise dolcemente. Tutto era in ordine.
Molti bambini avevano dovuto sacrificarsi per ridarle il suo Simone. Quei resti, uniti insieme dalla mano del Signore, come lui le aveva promesso in sogno, le avrebbero dato la possibilità di riabbracciarlo.
“In cambio della tua anima riavrai tuo figlio, basta che tu segua le mie istruzioni”, le aveva detto.
Così lei aveva fatto.
Andò in cucina, al telegiornale c’era un servizio sul ritrovamento del corpo mutilato di un altro bambino. La Tv parlava di una mamma che soffriva, con il cuore lacerato dalla perdita del suo bene più prezioso. Carla sapeva che non era così. Solo lei conosceva il vero dolore.
- Mamma, sono tornato.
Si voltò. Simone, sulla porta, le sorrideva, bello come il giorno in cui se n’era andato. Corse ad abbracciarlo.
Anche lui l’abbracciò, le sembrava felice.
Ma quanto stringeva forte...

Fabrizio Vercelli