La strega

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Facevo strani disegni da bambina. Giocavo a tracciare i contorni degli oggetti, ritrarre animali, incubi, persone.
Fu lei a intrufolarsi nella punta della mia matita, lei che volle imporsi ad occhi che non la cercavano, lei che, d’un tratto, fagocitò la smania della mia mano, rendendola sterile: da quel momento in poi, la fantasia mi è morta tra le dita.
Un nido di rughe maligne e luridi stracci per capelli: la strega mi fissava dal bianco pauroso del foglio, lo sguardo di putrida soddisfazione. Inorridii, provai a cancellarla, strappai il foglio, lo resi poltiglia di aria e paura, ma non ci fu modo di restituire quell’immagine al fondo delle tenebre.
Senza aver fiatato, colmò comunque le mie orecchie del suo gracchiare infernale, per sempre: soddisfatta, lontana dalla pallida ombra che aleggiava sulle mie notti, ora poteva scavalcare il recinto dei miei sogni e mietere inquietudine.
Imprigionandola nelle fibre della carta l’avevo sguinzagliata, perché volasse come un corvo sopra le mie certezze. Mi depredò del sonno e dell’amore per la pittura. Mi ha reso schiava di una memoria trapassata che non scolora e ancora mi tormenta.

Non ho mai più preso in mano una matita, l’idea di dissotterrarla, di nuovo, mi agghiaccia. Ma lei si contorce, scava agli angoli della mia mente e mi implora di lasciarla uscire. Ho cercato di oppormi, lottando contro me stessa perché volevo sparisse con me. Ma sono stanca, esausta.
Mi inchino alla sua atroce eredità. L’orrore non è più soltanto mio, non ora che sono qui, a scrivere di un segreto malato e mi sento angosciata, alla deriva: l’incantesimo maligno si perpetua e mi costringe a regalare a te, ignaro lettore, un po’ del mio incubo, quel che resta di quella paura, un tempo lontana, e adesso sempre più vivida dentro i tuoi occhi.

Alessandra Pepino

Studentessa universitaria in Scienze della Comunicazione.