Ombra del diavolo

La Thema nera sfrecciava bucando l’aria torrida di luglio, inseguita da una sfocata scia polverosa.
Tony era al volante, davanti a lui l’orizzonte fermo e desolato appariva come un triste quadro in una galleria d’arte senza l’ombra di un visitatore.
Non mancava molto al successivo posto di blocco (se lo sentiva come quando si ha una premonizione, e in quegli ultimi giorni ne aveva avute parecchie) e il divertimento era assicurato, come in tutti gli altri; ne aveva già affrontati tre da quando era apparso il sole.
Non sapeva perché stesse guidando per le sperdute vie che tagliavano i campi attorno alla periferia di Torino, strade che costeggiavano la tangenziale nord per poi immergersi nuovamente tra casolari e discariche abbandonate.
I suoi ricordi più immediati lo riportavano al momento in cui varcava il portone d’ingresso di quello stabile di Corso Regina, la strada che divide in due Torino, al n. 111. Un ambiente male arieggiato gli saturò le narici e dovette fermarsi un momento per abituarsi alla polvere mescolata all’ossigeno. “Ossigeno antico” si disse. L’atrio del palazzo era immerso in una luce bruna e fioca; davanti a lui una porta con una targa che annunciava “DIREZIONE” e più sotto “SOLO SU APPUNTAMENTO”. Rimase ancora qualche istante a fissare la porta notando come la vernice appariva screpolata e in alcuni punti annerita e rigonfia, poi si voltò tornando all’uscita. Ovviamente non aveva fissato nessuno appuntamento (sull’annuncio non c’era scritto nulla in proposito, si rassicurò Tony) e già era prossimo al portone quando una voce ruppe quel silenzioso mattino di luglio:
- Venga pure avanti Tony -. La voce proveniva alle sue spalle, dalla porta con la targhetta DIREZIONE. Ricordava solamente di essersi voltato e di aver guardato oltre quella porta aperta ma non riusciva a focalizzare l’immagine, che pur tentava di riemergere e di formarsi nella sua immaginazione.
- Poco male - sibilò Tony. In effetti le parti fondamentali le aveva bene in mente.

Da quel giorno, ed era passata soltanto una settimana, qualcosa in lui si era evoluto. Se ne accorse dapprincipio nei sensi più utilizzati, come la vista o l’udito. Udiva chiaramente i bisbigli delle persone come se chi li parlava lo facesse a voce alta accanto a lui. Ma l’aspetto più strabiliante era che poteva scrutare dentro le cose, nel senso che ne percepiva la sostanza, la vera ed essenziale forma. Una mattina, aprendo il frigo per poco non cadde all’indietro per lo stupore (non paura ma stupore, la paura non veniva menzionata nel vocabolario del nuovo Tony): vedeva le uova, incolonnate dentro l’apposito contenitore di plexiglas, con il guscio semi trasparente e i feti dei pulcini che si dimenavano come matti nel tentar di anticipare una nascita che non sarebbe mai avvenuta.
Fu tutto un susseguirsi di episodi simili, al limite della ragione umana, sino a quando incontrò Gemma.
Ripensare a Gemma, la sua donna, e a come l’aveva stravolta lo riempiva di eccitazione. Abbandonata tra le lenzuola, immobile, l’aveva soddisfatta fino all’ultimo briciolo di desiderio! A stento ne aveva sentito il debole respiro quando l’aveva baciata sulla fronte e se ne era uscito dall’appartamento, nel cuore della notte. In effetti, ora che ci ripensava, non era così sicuro che la ragazza stesse così bene, l’aveva preoccupato un poco quel viso pallido e fermo, come se avesse baciato un volto scolpito nel marmo. E poi la pelle era fresca. Non proprio fredda ma...
Scacciò quegli inutili ripensamenti, passando la lingua biforcuta sulle labbra screpolate.
Fuori, la temperatura era salita, sfiorava i 31° C e l’aria ferma creava una cappa di calore asciutto. Tony fece scattare nella posizione 3 il selettore della ventola dell’aria dell’abitacolo e le bocchette d’aerazione sputarono un getto di aria bollente che gli investì il viso e i capelli. Tutti i finestrini erano ermeticamente chiusi e ben presto dentro la vettura si raggiunsero i 40° C.
- Ehi bello, l’abbiamo fatta divertire la mia donna! - lanciando un’occhiata rapida al suo compagno di viaggio accanto a lui.
Il corpo del poliziotto era accartocciato al sedile anteriore lato passeggero, ancorato in una posizione innaturale grazie alla cintura di sicurezza che gli fermava il torace e la gamba sinistra, incastrata nel sedile come quando i bambini si portano le gambe all’altezza del mento, racchiudendole tra le braccia incrociate.
L’altra gamba del poliziotto era stata tranciata via. Nel punto di strappo, appena sopra la rotula, filamenti frastagliati di tendini e muscoli pendevano dal bordo del sedile, terminando quella sanguinolenta discesa sfiorando il tappetino di moquette grigia. Come frasche tinte di rosso e bianco di un salice piangente cresciuto all’inferno. Due copiose lacrime di sangue raggrumato dipingevano la faccia dell’agente, privato dei bulbi oculari che ora ondeggiavano appesi al supporto di plastica dello specchietto retrovisore. Sulla bocca, deformata da un orrore ormai passato, aveva stampato un sorriso quasi isterico. Guardandolo meglio a Tony venne in mente che il suo compagno di viaggio assomigliava ad uno di quegli stregoni indigeni in quei documentari del giovedì notte.
- In effetti non è che tu abbia fatto molto, non ci conosciamo ancora così a fondo da permetterti di spiarci mentre scopiamo. Comunque provvederemo, non ti preoccupare. -
Allontanò la mano destra dal volante colpendo con le dita i bulbi sospesi, che ruotarono su se stessi per poi appiccicarsi nuovamente tra di loro. E sorrise, scoprendo denti neri e sproporzionatamente allungati mentre le gengive si erano ritratte quasi del tutto.
Si occupò nuovamente della ventola dell’aria, aumentandola di un altro scatto e ben presto la temperatura dell’abitacolo salì oltre i 40° C. L’odore di sangue e membra iniziavano a saturare l’ambiente.
Sul sedile posteriore giacevano ancora i resti della caccia svoltasi la notte precedente: alcuni rosari e una decina di candele avvolte da cilindri di carta velina di svariati colori, tutte bruciacchiate sui bordi superiori.
Si era svolta la processione per i festeggiamenti di Sant’Antonio tenutasi a pochi isolati di distanza da casa di Tony, nel centro di Torino. L’odore inebriante di incenso consacrato l’aveva trascinato sin lì dove centinaia di credenti si erano riuniti, muniti di fiaccole colorate e ceri raffiguranti angeli e vergini.
C’era il parroco, con la sua aurea scura ed equivoca. La vedeva bene e non era lui che gli interessava. Piuttosto tutti quei bambini, così candidi e innocenti, sprizzavano energia da tutte le parti. Si sentì la bocca asciutta.
Attese la partenza della veglia con le sue cantilene. Seguiva lo svolgersi della processione appeso ad un muro di un palazzo a lato della strada, immerso nella penombra della tiepida serata.
Non ci voleva un momento in particolare, aspettò qualche minuto finché la noia non prese il sopravvento all’eccitante attesa, e quando schioccò le dita della mano immediatamente le luci della strada si spensero assieme a quelle dei condomini e dei semafori. Si calò giù , insinuandosi come un’ombra tra i gruppetti di bambini.
Quella sera morirono sette persone, tutti fanciulli.

 

La vettura arrivò ad un bivio. Un cartello blu rivolto a destra indicava “TORINO 2”, un altro della stessa forma ma opposto “AEREOPORTO DI CASELLE 8” mentre l’ultima scelta, sprovvista di segnaletica, obbligava a proseguire diritto verso una zona industriale. Un operaio, a bordo di un carrello elevatore, alzò lo sguardo verso l’incrocio richiamato dallo strillo dei pneumatici della Thema nera che svoltava ad alta velocità in direzione della città. La sera, tornato a casa, raccontò di aver visto una macchina nera con a bordo un uomo, e che quest’uomo lo aveva guardato fisso negli occhi per pochi istanti, sufficienti a provocargli brividi lungo la schiena. - E aveva due ali, attaccate alla schiena. Ali come quelle dei pipistrelli.-

 

La strada imboccata era più larga, a doppia corsia e filava senza interruzioni fino alle prime palazzine della cintura nord di Torino.
“I tuoi amici si devono dare una mossa, non possiamo mica cercarli per tutto il giorno, non credi?”
Il corpo dell’agente sobbalzava ad ogni tremolio dell’auto e il volto martoriato era scivolato contro il finestrino laterale, con il collo curvato in modo innaturale.
Il posto di blocco della polizia attendeva Tony a un chilometro di distanza: due camionette blindate sbarravano la strada mentre una decina di volanti erano schierate e pronte per un eventuale inseguimento. Decine di agenti di polizia lo aspettavano, armi spianate, i cuori addestrati e freddi. Dovevano arrestare un assassino di bambini e vendicare un collega.
Una sagoma nera si avvicinava al posto di blocco a folle velocità. - Finalmente - dissero in molti.

 

Tony frenò ad una decina di metri dal blocco delle forze dell’ordine. Allungò un braccio attorno alle spalle dell’agente cadavere, sussurrando - Uh uh, facciamo le cose in grande... - Estrasse un foglio di carta stropicciato e lo stampò sul petto indurito e freddo del suo compagno di viaggio, poi uscì dall’auto con un balzo. Il foglio annunciava:

 

Noi esaudiamo i vostri desideri
Voi fate di tutto per accontentarci
Non pensate, Correte!
C. Regina 111

 

Erano le 11:28 di una bollente mattina di luglio quando il tenente Grazioli intimava all’uomo con le ali di pipistrello di non muoversi.
L’uomo si dirigeva verso le camionette e le volanti, passi sicuri e rapidi, mentre gli agenti armavano mitragliette e pistole calibro 9 mm. Ora sul capo dell’uomo erano spuntate due corna, non visibili da lontano a causa della sua folta capigliatura. Aveva gli occhi di un marrone rancido, simile alla cascata di carni che scendeva dalla gamba del poliziotto rinchiuso nella Thema nera, incancrenite dal calore insopportabile dell’abitacolo.
Appena il terzo ed ultimo altolà si perse nel vuoto due agenti fecero fuoco, mirando alle gambe dell’uomo che assorbì le pallottole senza batter ciglio. Ora apriva interamente le ali, che proiettavano un’ombra quasi solenne sulla strada.
Fecero ancora fuoco, ancora alle gambe. Ormai l’uomo era a pochi passi dai poliziotti e una folata di puzzo cadaverico misto a carne bruciata li avvolse. Alcuni svennero, altri si portarono le mani alla bocca tossendo e vomitando.
Il tenente Grazioli imbracciò un mitra e tempestò di piombo l’uomo. Si trovavano a non più di tre metri di distanza e le pallottole gli crivellarono il torace e il volto, facendolo indietreggiare di qualche passo. Grazioli abbassò l’arma fumante mentre Tony già rideva, una voce che schiacciava il cervello e scuoteva l’anima.
Un frastuono simile ad un fulmine lacerò la quiete e la temperatura si alzò all’improvviso, liquefacendo l’asfalto in scoppiettanti bolle nere mentre i vetri anti-proiettile delle camionette si gonfiavano ed esplodevano in una miriade di frammenti luccicanti come diamanti.
Tony fissava l’ispettore con quegli occhi disgustosi. Gli si avvicinò, senza distogliere lo sguardo; ormai l’aveva soggiogato totalmente. Allungò una mano, stringendogliela sul cranio ormai privo del cappello di ordinanza. Gli artigli, che nel frattempo gli erano cresciuti all’estremità delle mani, si conficcarono nelle tempie e nella nuca dell’ispettore ma non uscì sangue, quello già gli si era pietrificato nelle vene.
E allora Tony aprì la bocca come aveva fatto con la sua donna e i sette bambini, inalando la lieve brezza fuoriuscita dal petto di Grazioli. Un’ondata di libidine lo invase per tutto il corpo demoniaco. Si sentiva finalmente onnipotente.
Lanciò lontano il corpo dell’ispettore, che si schiantò su di un camioncino parcheggiato lungo il controviale, dall’altra parte della strada.
Stava tornando alla macchina quando la terra iniziò a tremare fragorosamente, la strada si frastagliava come quelle croste di terreno che per troppo tempo non vedono una goccia d’acqua. Le gambe di Tony sprofondarono nell’asfalto, imprigionandolo sotto il livello del manto stradale, mentre una voragine si apriva sotto di lui, inghiottendolo in quel pozzo infernale. La voragine si richiuse subito dopo, la superficie asfaltata sussultò come per assestarsi, poi si fermò.

 

Il foglio di carta stropicciato volò fuori dallo sportello aperto della Thema, librò nell’aria volteggiando come un piccolo aquilone, e cadde a terra. Sotto l’annuncio principale erano apparse queste parole:

 

Guadagnati nove anime
L’inferno sarà tuo.
Con affetto
Pher, Lucy

 

Un uomo calvo, sulla sessantina, calpestò il biglietto. Non aveva visto neanche una scena di quello che era successo. Lo raccolse. Sulla carta, in bella grafia, c’era scritto:

 

Noi esaudiamo i vostri desideri
Voi fate di tutto per aiutarci
Non pensate, Correte!
C. Regina 111

Marco Cattarulla