Istinto ancestrale

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Ricordo ogni dettaglio come se fosse ieri. Era la sera del 2 ottobre 1944 e stavo rincasando, quando, nei pressi del molo di Castelletto Ticino, la mia attenzione fu bruscamente destata da un tonfo sordo nell’acqua. Mi precipitai verso la balaustra di protezione, aspettandomi di dover soccorrere un incauto sfortunato, finito accidentalmente in quelle acque gelide d’inizio autunno; ma rimasi sorpreso nel vedere una figura che nuotava agilmente sotto il pelo dell’acqua verso il punto in cui il Lago Maggiore si restringe per convergere nel Fiume Ticino, in corrispondenza del ponte di Sesto Calende.
Ben presto il nuotatore fu nascosto alla mia vista dall’oscurità delle acque e dalla nebbia addensatasi sulla superficie. Ma un attimo dopo mi balzò il cuore in gola nel vedere che, nel medesimo punto, una grossa forma scura si allargava velocemente, distendendosi imponente come la figura di un sottomarino in emersione. Affiorando rivelava dimensioni spaventose, fino a mostrare la sua superficie nera e liscia sotto i riflessi della luna.
Fu solo allora che mi resi conto che la “cosa” era viva e che un vorticare di tentacoli ne accompagnava l’ascesa, mentre con occhi orrendi scrutava oltre il pelo dell’acqua.

E sul dorso di quel abominio sedeva a cavalcioni una creatura antropomorfa dalla pelle squamosa e gli arti palmati, che sicuramente ne facevano un abile nuotatore.
Per un attimo i nostri sguardi s’incrociarono e, nel fissare quelle nere rotondità, mi sentii come perso nel vuoto dello spazio più profondo. Raggelato, rimasi per alcuni minuti ad osservare la sagoma abnorme che spariva nella nebbia verso sud.
Ne conservo ancora l’immagine viva, così come ricordo perfettamente anche la data; il giorno dopo l’esercito Alleato bombardò il ponte sul Ticino. E mai potrò scordare lo sguardo di quella creatura, come di chi teme e fugge un pericolo imminente.

Arcam