Conseguenze

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Fin dal giorno del Primo Contagio i ritornanti manifestarono appieno la loro natura ferina e bestiale, poco più che carcasse umane guidate dall’istinto di una sopravvivenza ormai perduta. Le tecniche di resistenza ai loro attacchi ottusi e scoordinati furono ben presto affinate, fino a risultare efficaci in ogni situazione, senza margine di errore. In pochi mesi le strade si riempirono di cadaveri umani tornati a morire, e prima di divenire un reale problema la minaccia fu debellata dalla spaventosa aggressività insita nella natura umana. D’altra parte, fu quello che seguì che ci cambiò realmente la vita.
I migliori cervelli della Terra, spinti dalle generose donazioni delle più grandi multinazionali, si impegnarono a fondo nelle ricerche sui morti che camminano, portandone a galla aspetti impensabili, segreti che forse sarebbe stato meglio lasciare a fluttuare nell’oblio del recondito ancora per molti anni. Un enzima di origine sconosciuta permetteva ai tessuti dei ritornanti di putrefarsi in tempi molto più estesi della norma, garantendo abbastanza tempo per diffondere il virus e preservare la specie.

Un meccanismo di difesa perfetto per dei predatori che non necessitano nè di mangiare nè di bere, ma privi della chimica che permette alle proprie cellule di rigenerarsi continuamente, come in qualsiasi essere vivente. Alla luce di queste nuove rivelazioni si smise immediatamente di bruciare le carcasse negli inceneritori, preferendo un modo molto più tradizionale per levare dalla vista i corpi dei defunti. Sotterrati nei campi, perfetto concime a lunga durata e completamente gratuito. I grandi latifondisti presero al volo l’occasione per fare della sciagura appena evitata fonte di guadagno, risparmiando milioni. I raccolti tornarono ad essere abbondanti come non succedeva da anni, e i frutti della terra ricchi e sani come un tempo, rafforzati dallo stesso enzima. Bastava abituarsi a quelle loro urla isteriche mentre li si affettava.

Marco Andreoletti