Palla di vetro

Vincitore del concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Sentiva gli occhi bruciare. E quando pensava di aver finito le lacrime, scopriva di avere ancora liquidi in corpo. Seduta nella sua stanza, sul letto che da due giorni era tutto il suo mondo, guardava le foto fatte con lui. E sentiva lo stomaco stringersi.
“Perché? Perché mi hai fatto questo? Perché mi hai lasciata?”
Domande ossessive che le vorticavano in testa, mentre osservava la palla di cristallo, quella stessa palla lucente che lui le regalò per il loro primo mese insieme. E poi l’odio. L’odio feroce per chi le aveva fatto così male.
Strinse gli occhi, e nelle profondità della palla di cristallo vide una pagliuzza, una piccola impurità.
“Come vorrei... come vorrei tenerti sempre qua dentro... sempre con me”
Appoggiò la palla sul comodino, sotto l’alogena, e cadde in un sonno pesante e senza sogni.

 

Carlo si girava nelle lenzuola in un sonno agitato. Si svegliava frequentemente, con l’orrenda sensazione che qualcuno lo stesse spiando. Ormai erano due notti che non chiudeva occhio. Si svegliò di nuovo, sentiva la pelle bruciare. Attraverso le palpebre chiuse percepiva una luce fortissima. Aprì gli occhi e sentì un dolore lancinante mentre le pupille diventavano come capocchie di spillo. Una luce accecante pervadeva un deserto di sabbia bianchissima. Spettrali prismi di cristallo violaceo fluttuavano nell’aria, e nella volta violacea del cielo una sfera infuocata della luminosità di mille soli, e di altrettanto calore. Sentì le lacrime scendergli sulle guance ed evaporare in sottili tracce salate.
“Cosa... sta... succedendo?”
Fu l’ultimo pensiero coerente che riuscì ad articolare prima di sentire la pelle arricciarsi per il calore e iniziare a sollevarsi in vesciche grosse come budini.

 

Camilla si svegliò, per la prima volta riposata. Si era addormentata, con l’alogena accesa. Sotto di essa la palla di cristallo. Con la sua piccola, insignificante impurità all’interno.

Alberto Della Rossa