Harry Splatter e il dragone perduto

Spesso la rabbia può rendere sovrumano il più empio degli esseri, divenire magia, trasmutare la carne in fuoco, essa proviene dalle stelle, ciascuno di noi possiede un frammento di astro racchiuso nel proprio ventre, anche l’uomo più debole, quello più infimo, proviene dal moto degli astri.
Harry Splatter si dirigeva verso il sole, i potenti battiti delle sue ali di fuoco fendevano l’aria lasciandosi dietro una scia incandescente, simile allo strascico dorato di una cometa, scintille infuocate solcavano il cielo vespertino precipitando in una pioggia virulenta che portava con sé il sapore della vendetta, questo era accaduto grazie alla rabbia e a una disperata forza di volontà.
Ma nella sua cieca ascesa Harry non si rendeva conto che l’aura infuocata diveniva sempre più debole, l’immenso dragone di fuoco che era divenuto rimpiccioliva visibilmente, più saliva verso il sole più questo sembrava assorbire la sua forza, fino a che un nudo Harry Splatter, bambinetto di sempre, ricoperto di pustole purulente, si ritrovò a precipitare giù dall’azzurro del cielo che non lo aveva accolto, come chiunque avesse contatto con Harry faceva.
L’ascesa diveniva discesa, oscura, fallimentare, violenta; ciò che ci suggerisce la rabbia è sì grandioso, è l’alchimia di un dio, ma si rivela essere presto un fuoco effimero, destinato ad ardere per pochi istanti, per poi affievolirsi miserevolmente, spegnersi dopo una magnificente vampata; quanto è triste la fiammella che muore sotto la cenere della propria possenza ormai estinta.
“Ho compiuto almeno parte della mia vendetta scorticando i miei aguzzini, questo almeno è servito a qualcosa, ora precipito, con la triste certezza che mi rimbomba nella mente, nessuno mi ha mai amato, tranne il fuoco, ma è stato solo per un fugace istante!”
Fluttuando verso il basso in un volo discendente, appariva come un angelo caduto le cui ali sono state tarpate da un dio collerico e totalitario.
La pressione atmosferica aveva estratto la bacchetta dal retto di Harry, ormai persa per sempre e atterrata chissà dove.
Improvvisamente sentì l’impatto della schiena contro l’acqua, lo specchio turchese lo accolse come un diafano blocco di cemento, nello schianto sputò sangue che si mescolò al divino liquido.
Era precipitato nell’oceano, ne veniva inghiottito, giù sempre più giù, verso profondità abissali, come fosse stato un incudine lanciata in acqua; le liquide pareti che lo lambivano presto cambiarono colore, oscurità, tenebra sciabordante circondava adesso le sue membra.
Certo di essere prossimo alla morte Harry si abbandonò a quella fluida discesa, ma presto un tremolante lucore si propagò tra le acque nere; una sinuosa figura gli si avvicinò, era una donna, o almeno così appariva, le esili e bianche braccia, tese verso di lui, lo invitavano a riposare tra i piccoli seni da adolescente, presto però Harry si rese conto che quella non era una donna, poiché l’esile vita era ricoperta da scaglie squamose, non possedeva gambe, bensì una coda di pesce striata da sfumature azzurrine, colei che gli stava di fronte era chiamata dagli uomini “sirena”, dama dei mari, pericolosa incantatrice.
Un canto vibrante s’innalzò attraverso la fluida atmosfera, seduceva Harry Splatter con parole a lui sconosciute, armonici suoni di un dialetto alieno, così simile allo scrosciare dell’acqua nottetempo; comprendeva un’unica cosa, la sirena lo invitava ad accoppiarsi con lei.
“Come faccio a possederti oh sirena? Io che non ho nemmeno mai sfiorato una donna? Possiedi organi riproduttivi? Anche se così fosse sarebbe comunque come avere un amplesso con un pesce!”
“Ho la bocca caro Harry e con essa faccio impazzire i marinai, i miei baci sono il vero canto, ho le mani inoltre con le quali posso sciogliere il turgore del tuo giovane membro”.
Harry si era convinto, nuotando con foga si precipitò tra le braccia della sirena, ebbe modo di vedere la morbida chioma fluttuare, poi le mani bianche come la perla che afferrano il pallido mollusco, dita levigate masturbano, stuzzicano in un fluido andirivieni mentre il ventre si infiamma di sinistri sentori; la bocca si riempie di un rigido boccone, in simmetriche movenze sugge, lecca, inghiotte, aiutata dall’acqua che carezza il glabro scroto.
Infine il giovane sperma fluttua tra le acque come uno spettro di plancton, una densa spuma aliena a quei luoghi, che forse feconderà il mare dando vita ad un mostro marino, si dice infatti che le mostruose creature dei mari siano il frutto di un proibito amplesso tra marinai e sirene.
Vi furono convulsi, forsennati gemiti subacquei, che cessarono dopo il goloso deglutire della dama dei mari, i sospiri melodiosi di lei divennero nuovamente parole:
“Volevi bruciare il mondo intero, credevi fosse così facile sterminare quegli esseri perniciosi? È normale che alla tua età il dolore divenga fiamma e ottenebri la mente, ancora di più lo è desiderare che l’universo cada a pezzi e ci seppellisca, sentirsi responsabili di un così fatale gesto ti renderebbe simile a un dio, ma questo non è possibile capisci? Perché voi umani, come le formiche, siete discretamente bravi a costruire ma distruggete in maniera veramente patetica!
Guarda invece il padre mio Mare quando è adirato cosa è capace di fare! I suoi fluttui arrivano al cielo come artigli spumeggianti e mentre ruggisce seduce la luna!”
“È la luna a sedurre il tuo signore, il moto ondoso è sotto la sua influenza!”
“Come osi deforme saputello dire simili idiozie?”
“Io, io, scusa...”
“Credi che una vuota crosta luminescente possa far impazzire il mio signore?”
“No, scusami...”
La sirena divenne isterica e non fece terminare al timido Harry il suo tentativo di scuse, il volto di lei divenne simile a un teschio mentre seghettati denti da murena emersero improvvisamente, emettendo minacciosi sibili.
“Tutti i maghi più potenti del mondo ti stanno cercando per punirti! Stupido idiota! Hai con la tua arroganza rifiutato l’unico aiuto che il fato ti aveva concesso!”
“Punire me? Me che sono sempre stato una vittima?”
“Patetico ragazzino...”
La sirena si lanciò contro di lui allargando le fauci dentate e letali, intanto rideva follemente, come un’arpia fatta di speed, non desiderava più sperma ma sangue, lo si sa, questi esseri marini sono sempre stati volubili e ambigui.
Harry nuotò più veloce che poteva cercando la superficie ma la sirena era molto più veloce di lui, fortunatamente lo sperma che ancora fluttuava sorretto dalle acque nere le si invischiò negli occhi, accecandola temporaneamente, il liquido le aveva bruciato gli occhi come fosse vetriolo, e così la creatura marina finì col contorcersi su se stessa concedendo un notevole vantaggio al ragazzo in fuga, gridava disperatamente, lo stridulo urlo non possedeva nulla di umano, come la lama di una sega elettrica vibrava attraverso le acque lacerando i timpani di Harry.
L’oscuro incantesimo che aveva consentito all’apprendista di respirare sott’acqua aveva cessato di esercitare il suo influsso, forse a causa della rabbia scaturita improvvisamente dall’offesa sirena.
Era troppo in profondità, non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungere la superficie, i suoi polmoni sarebbero prima scoppiati, ma in fondo a che scopo uscire? Fuori tutti i maghi erano decisi a punire l’arrogante apprendista, l’avrebbero di certo sventrato, meglio morire nel grembo materno del mare, nonostante non era stato lui a partorirlo espellendolo da una fetida e sanguinante vagina, d’un tratto però Harry udì una voce profonda:
“Avevi ragione ragazzo, ma non dirlo a nessuno, sono io che la amo, ma quella troia non m’ama!”
Era la voce del Mare, tonante e levigata come il moto perpetuo delle onde che si infrangono contro la scogliera.
“In certe notti protraggo le mie braccia verso il cielo tentando di toccarla almeno una volta, mi basterebbe un solo, fuggevole istante, ma lei resta immobile, lassù, librata nell’oscurità e corteggiata dalle stelle, ignora il furore delle mie onde, austera, fredda e distante, non mi parla! Ma non dirlo a nessuno, ci farei la figura del romantico!”
Il Mare era triste, i suoi toni ricordavano quelli di un bambino sconsolato.
“Guardi che su tutti lo sanno, cioè sanno che è lei a muovere le vostre possenti, spumose spire!”
Nel dire ciò Harry inghiottì tre litri di acqua.
“Davvero?” Rispose il Mare imbronciato.
“Sì!” Un altro mezzo litro d’acqua.
“Mi sei simpatico ragazzo! Mi sembrava che gli uomini avessero perso il rispetto nei miei confronti, è colpa di questa storia, quella maledetta puttana! Non la degnerò più nemmeno di uno sguardo! Ti ringrazio per l’informazione, è per questo che ti salverò la vita”.
“No! Lei non sa signor Mare cosa mi aspetta fuori!”
Ma era troppo tardi per parlare, già gorghi maestosi trascinavano Harry verso l’alto sorreggendolo prepotentemente, infine fu espulso dai getti marini, come un tempo fece quella fetida, slabbrata vagina.

Davide Giannicolo