Numeri

1, 3, 7, 11, ma mai 4 e nemmeno 8: così iniziavano e finivano tutte le sue giornate.
Numeri, sequenze di numeri che scandivano ogni istante della sua vita. Compiva un preciso rituale per ogni gesto, anche quelli più normali ed insignificanti, come spegnere la luce o chiudere la porta. Tutto doveva essere ripetuto un preciso numero di volte, come 3 o 7, e poi di nuovo ancora ed ancora, fino allo sfinimento. Soffriva di d.o.c., disturbo ossessivo compulsivo, la diagnosi era stata semplice da formulare ed aveva potuto farsela da solo essendo lui stesso uno psichiatra. Col suo lavoro aveva curato con successo moltissime persone affette da questa malattia, eppure non era mai riuscito a curare o anche solo ad alleviare il proprio disturbo. La sua malattia non solo si era dimostrata resistente a qualsiasi tecnica o farmaco, ma si era anche aggravata progressivamente, in modo lento ma inesorabile. Quando durante una seduta un paziente gli parlava dei propri sintomi, l’idea di questi s’insinuava nella sua mente, per non lasciarla più. Un giorno, un suo paziente gli raccontò di essere ossessionato dall’idea che il suo letto non fosse perpendicolare alla parete, tanto da non riuscire per questo a dormire. Quella stessa notte anche il dottore ebbe l’impressione che il suo letto fosse in qualche modo “storto” rispetto alla parete e cominciò allora a spostarlo, prima a destra e poi a sinistra, fino allo sfinimento sia fisico che mentale. Fu allora che qualcosa nella sua mente si spezzò all’improvviso, come un elastico che è stato troppo allungato.

Era sconsolato, disperato ed avrebbe voluto urlare al mondo intero la rabbia che sentiva crescere dentro di sé. Il suo sguardo si perse poi all'improvviso nel vuoto per alcuni minuti, iniziò a camminare senza meta per tutta la casa ed infine uscì seminudo in strada. Questa fu solo la prima di molte notti in cui rivisse sempre la stessa esperienza e che cambiarono all’improvviso la sua vita. Non aveva idea di come e dove potesse trascorrere le sue notti, non sapeva se i pochi e sfocati ricordi che aveva appartenevano soltanto a dei sogni o erano tracce di eventi reali.
Nonostante la mancanza di qualsiasi prova certa aveva comunque la netta sensazione che le sue uscite notturne fossero reali, anche se il mattino seguente si risvegliava sempre nel proprio letto, pulito ed in ordine.
Francamente però non gli importava più di tanto di tutto questo, perché come per magia tutti i suoi sintomi legati al d.o.c. erano scomparsi. Non gli sembrava vero, non aveva nemmeno mai osato sperare tanto e se il prezzo da pagare per ottenere tutto questo era solo un po’ di sonnambulismo, beh... non poteva certo lamentarsi.
Passarono così alcuni mesi tranquilli, senza che i disturbi si ripresentassero. Qualcosa poi però cambiò di nuovo all'improvviso, immagini più nitide emersero dalla sua memoria con frequenza sempre maggiore e non erano delle belle immagini. Una mattina poi, si svegliò sentendosi completamente bagnato. Pensò allora di essere fradicio di sudore in seguito ad un incubo, ma non era così. Accese la luce e con sgomento vide che non era fradicio di sudore, ma di sangue. Esplorò freneticamente il proprio corpo in cerca di ferite che in realtà non c’erano, perché quel sangue non era suo. Fu quando se ne rese conto che ricordò tutto all’improvviso. Piantava la sua lunga lama nell’ombelico e saliva fino allo sterno, estraeva poi il fegato e lo tagliava in 17 parti uguali, affettandolo come un esperto macellaio. Aveva ucciso 3 gatti, 7 cani ed infine 4 persone. Cominciò a ripetere sottovoce: “Non è possibile... non è possibile... non è possibile” in sequenze di 3 volte, ancora ed ancora, fin quando quelle parole non persero di significato. Cessò allora quella strana cantilena e disse: “Devo porre rimedio a tutto questo. Se fossero 3, 5 o 7..... ma 4 no... no, così non va bene”.
Si alzò allora in piedi pervaso da uno strano senso di tranquillità, prese un coltello ed uscì di casa.

Simone Babini