Sirena Serena

Alba albeggiante su vivide conifere. Mi ero alzato arrapato. La curva spiaggia muta con bianca incontaminata rena. Impercettibili onde sul bagnasciuga. A quell’ora la stretta baia a sud di Alghero era un paradiso come al tempo dei Fenici ed io nudo come Adamo. Ebbi lo stimolo di pisciare ed emisi limpida urina assorbita dalla sabbia.
Il corpo umano - come si legge in anatomia - è formato da nervi, muscoli, ossa, ghiandole ecc. Racchiude una serie di cavità e condotti più o meno ampi. Abbiamo la cavità toracica con cuore e polmoni. All'interno del cuore ci sono quattro cavità, gli atri ed i ventricoli e nei polmoni innumerevoli caverne aerifere, gli alveoli polmonari. Nella cavo addomino - pelvico abbiamo il lungo tubo intestinale, la borsa vescicale e nelle donne l'utero. Esistono canali cavitari percorsi dal sangue, dalla linfa e da liquidi vari. Uno di questi è l'uretra che veicola all'esterno sia l'urina durante la minzione che lo sperma nell'accoppiamento. Addirittura il cervello ha grosse cavità, i ventricoli cerebrali e negli occhi le vacue camere anteriori e posteriori piene di umor vitreo. Il corpo è come un pezzo di formaggio svizzero pieno di caverne intercomunicanti. Anche il pene ha i corpi cavernosi che riempiendosi di sangue ne permettono l'erezione.
Nel pisciare percepivo il caldo flusso attraversare il condotto uretrale e riversarsi all'esterno: un piacere prolungato per il graduale svuotamento. La lunga pisciata è rilassante come una camomilla.
L'odore di piscia dal basso ventre si diffuse in aria per breve raggio. Guardai la testa scapsulata del cazzo, pallida e moscia. L'ultima volta che avevo fatto l'amore un mese prima, era stato a Firenze con una creola sud-americana alle spalle di piazza della Signoria. Fu l'ultimo grande rizzamento ed eiaculazione con coitus interruptus. Adesso ammiravo il moscio virile membro tenuto penzolante tra indice e pollice. Percepii i caldi raggi del sole accarezzare la rubiconda testa scapsulata. Stavo per finire che scorsi una nuotante a debita distanza. Era bella, giovane ed emergente dall'onda con testa, collo e spalla. Aveva capelli neri bagnati (ovvio) e dolce sguardo suadente. Guardava sguazzando come rana, con forte fissità come a un faro, la testa arrossata del mio cazzo in mano. Tesa a mezzo busto, mostrò bene il seno florido con rosei capezzoli a punta. Era la perfezione sulla terra. Disse: "Salve, sono una sirena e mi chiamo Serena. Voglio farti un pompino..."
Con la prontezza di puma arrapato, chiesi: "Dove... dove ci mettiamo?"
"Lì, siediti con le cosce divaricate tra quei tre scogli. E’ un posto ideale per queste cose."
A destra dove la baia piega in promontorio, triforcuta pietra tonda a fior dell’onda emerge. Su un cocuzzolo poggiai il culo e sugli altri due le piante dei piedi. Il cazzo manco a dirlo, duro, teso, bello e pronto all’uso.
Agile come sirena riemerse sotto di me ficcandoselo in bocca. A dire cosa provai non ho parole. Toccai i sette cieli. Aspirai profondamente aria salmastra. Irrigidito tutto, stavo per arrivarle in bocca, travolto da irrefrenabile orgasmo. Zac!!! Un dolore atroce m’aggredì dal basso ventre. Il mio urlo forsennato riempì la baia. “Ah!!! Aiuto!!!!”
In rapida successione vidi prima che svenissi: il sangue dallo squarciato scroto sgocciolare in mare come mestruale flusso. La vidi trionfante con le mie palle in mano. Vidi tra lo svenimento, che al posto delle cosce aveva affusolato ittiforme tronco con pinna a semiluna in punta. Gridò prendendo il largo:
“Ho preso la parte di voi umani che per noi sirene è più gustosa: le palle. Ne mangerò una stasera ed una domani con insalata. Au revoir.”

Giuseppe Costantino Budetta