Antagonista

“non puoi mandarmi via, è con te che mi formo
è con te che parto e concludo ogni giorno
infondo è per te che ritorno”

 

(Fabri Fibra)

 

Mi aggiro per la casa furtivo. So che più o meno a quest’ora lui arriva: sono cinque anni che questa maledetta storia si ripete.

 

La prima volta che l’ho visto mi ha fatto sobbalzare. Sentivo degli strani brividi di freddo, anche se ero vestito pesante. Lo stomaco mi faceva male di un male fino ad allora sconosciuto.
E’ proprio così che mi si è presentato davanti: un mostro. Il viso di un pallore verdastro, negli occhi scavati si aprivano due fessure strettissime, la sua bocca spurgava bava schiumosa, la lingua era spessa e porosa. Il suo corpo emanava una puzza acre.
I miei amici mi avevano parlato di esseri simili, ognuno di loro riceveva la visita del proprio mostro già da un po’. Ma, dai loro racconti, avrei dovuto incontrarlo molto tempo dopo.
Qualcuno lo avevo visto in giro per la strada, in metropolitana, alla stazione, sotto l’ospedale, all’università. Ma una cosa è sentirne parlare o vedere per caso i mostri degli altri, diverso è stato incontrare lui.
I miei amici, parlandomi degli effetti stupefacenti della pozione, mi avevano detto che un giorno il mio mostro sarebbe arrivato, ma lo aspettavo più tardi, molto più tardi.
Invece era lì, schifoso, disgustoso.
Ha cominciato a farmi visita un paio di volte il primo mese, poi una volta alla settimana, poi due. Ora viene tutti i giorni, puntuale.
Non vuole nulla da me, non chiede, non pretende. Non vuole farmi del male.
Vuole starmi attaccato addosso, vuole solo che io sappia che lui esiste, vuole ricordarmi ogni volta il suo aspetto rivoltante.
Ma io non lo sopporto, non riesco a tollerare la sua presenza. Ho provato ad ignorarlo, ad abituarmi alle sue visite, ma l’orrore che scatena in me è enorme e il malessere che si diffonde nel mio corpo quando lui si avvicina è ogni giorno più forte.
Non è solo quell’aria spettrale a farmi paura. E’ il sentirmelo addosso: la sua puzza mi stomaca, la sua presenza mi innervosisce fino a sfinirmi.
I miei amici mi avevano avvisato ma non immaginavo che fosse così logorante. Dicevano che i propri mostri riuscivano a gestirli bene, che per scacciarli bastava dare loro la nostra pozione.
E avevano ragione, funziona anche con lui: scompare in pochi secondi ed io torno ad essere libero.
Il problema è che lui torna sempre e sempre più spesso, tutti i giorni ormai.
La mia vita sta diventando un incubo ininterrotto: passo tutto il mio tempo in cerca della pozione per scacciarlo via; poi arrivano i brividi, i dolori di stomaco e poi improvvisamente lui compare. Mi si attacca addosso come una zavorra, il suo corpo scarno aderisce al mio. Sento il suo fiato denso mescolarsi al mio respiro al punto che non riesco a distinguere se sia il suo o il mio. Non lo so.
Lui è sangue e sanguisuga, corpo e parassita, carogna e avvoltoio.
Non so per quanto ancora riuscirò a scacciarlo, perché non so per quanto ancora riuscirò a procurarmi abbastanza pozione per tenerlo lontano da me.
Lo odio quando arriva e ci sono gli altri. Mi fa sentire tremendamente a disagio perché, quando me lo vedono addosso, si crea il vuoto intorno a noi. Colgo nello sguardo degli altri il mio stesso orrore, il disprezzo, talvolta la compassione e mi chiedo se siano rivolti a me o a lui. E mi chiedo come io abbia potuto cacciarmi in questo guaio!
Ma lo so come ho potuto: la tracotanza!
Quando assaggi il sapore dell’onnipotenza non riesci a tornare tra i comuni mortali.
La percezione del mondo diventa incredibilmente acuta, i colori esplodono delle loro fluorescenze, le forme si plasmano secondo la mia volontà: non c’è più nulla di rigido se io non voglio, o di fragile, o di impossibile. Non c’è limite e non c’è infinito perché io divento più infinito dell’infinito. Divento potenziale in atto, divento un dio. E tutto grazie alla pozione.
Ma ormai tutto questo sembra svanito. Succhia tutto, come un vortice oscuro trascina dentro sé ogni slancio di vita, ogni colore, ogni secondo del mio tempo, ogni desiderio. La pozione ormai basta appena per tenerlo lontano da me e i suoi magici effetti sono ormai un lontano ricordo.
La simbiosi col mio mostro è il prezzo che ho tacitamente accettato di pagare per il sapore dell’onnipotenza, ma davvero mi sento sfinito.

 

Cominciano ad arrivare i brividi. Prendo la coperta di lana e mi stendo sul letto. Il mio stomaco si contorce, mi sembra di aver dentro una mano che lo strizza forte e lo spreme senza pietà. Sudo freddo, ogni goccia che mi scende dalla fronte è una perla di ghiaccio. Negli ultimi mesi i segnali del suo arrivo sono sempre più forti e lui si manifesta più velocemente e più spesso.
La sua puzza mi colpisce lo stomaco già debole. Eccolo che arriva! Lo vedo.
E’ ogni giorno più brutto. Sembra più magro e la pelle del suo viso somiglia ad uno straccio vecchio. Il nero pesto che sottolinea le fessure dei suoi occhi fa risaltare le pupille appuntite che vi sbucano fuori a voler graffiare il mondo.
Non ho mai sentito la sua voce, Lui non parla mai. Talvolta accenna un sorriso mostrandomi i suoi incisivi marci tra la saliva schiumosa. E’ steso sul letto accanto a me. O forse è su di me. O sotto. Dentro forse, non lo so.
Devo prendere l’ingrediente per la pozione. Sono riuscito a procurarmene di più stavolta. Devo solo procedere alla preparazione.
Un’idea malsana mi attraversa la mente.
Mi chiedo se aumentando la dose sia possibile farlo stare lontano da me almeno un paio di giorni. O forse mi chiedo se una dose maggiore possa scacciare il mostro e restituirmi un po’ di onnipotenza. Non ne ricordo più il sapore da quando basta appena per lui.
Voglio provare, non mi costa nulla.
Ripenso alla prima volta che ho preparato la pozione. Allora era solo per me, tutta per me! Gli occhi mi si velano di nostalgia pensando a quando ero libero. Libero. Non ricordo più nemmeno cosa sia la libertà da quando sono schiavo di questo essere schifoso. I dolori allo stomaco mi scuotono, il freddo mi fa vibrare, la pozione sembra mescolarsi sul metallo agitata dal tremore delle mie mani e la fiamma è troppo fioca perché io possa sentirne il calore.
E’ pronta.
Lui non oppone alcuna resistenza: la pozione non l’ha mai cercata ma non l’ha nemmeno mai rifiutata. Mi lascia fare, come sempre, e si prepara a scomparire.
Ma il freddo si fa più pungente, mi sta stritolando le ossa. Il mio corpo sembra liquefarsi nell’acido del mio sudore mentre sento il cuore battere lentamente, quasi al ritmo dei miei respiri, che si fanno lunghi e ampi.
Ho sonno.
Mi sento eccitato ma non riesco a tenere gli occhi aperti. Ho tanto sonno.
Sento i sensi abbandonarmi ma qualcosa mi spinge a reagire.
Il sonno è troppo forte.
Mi sforzo di aprire gli occhi e di alzarmi dal letto. Lo faccio.
Mi sento stranamente leggero.
Confuso.
Ho caldo ora e non tremo più.
Mi muovo come una libellula, il mio corpo sembra non avere alcuna consistenza.
Sento di poter volare.
Mi sollevo da terra, fluttuo nell’aria, volteggio.
Mi assale il terrore: cosa mi succede?
Questa non è l’onnipotenza della pozione!
Rivoglio il mio corpo! Rivoglio il mio corpo!
Mi volto verso il letto, lo cerco. Lo rivoglio.
Ma il mio corpo non c’è. C’è solo quello del mostro.
I suoi occhi dalle pupille appuntite mi guardano. Sul suo volto emaciato è accennato un sorriso.
Per la prima volta sento la sua voce. Una voce che somiglia così tanto alla mia.
“Stupido... sei caduto nella sua trappola. Combattevi me con la pozione senza capire che era lei il tuo vortice oscuro! Era lei la tua antagonista! E ha vinto lei ancora una volta.”
Poi più nulla.

 

Un solo corpo giace sul mio letto. E’ ormai privo di vita.
E’ il corpo del mostro. Un corpo che solo ora vedo somigliare così tanto al mio. O forse è il mio, non lo so.
Ora non ha più importanza.

 

(Nota dell'autore)
Il disegno ad inizio pagina è stato dipinto da Valchiria nel giugno 2005 (olio, madreperla, sabbia e stucco su legno)

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