Raptus

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Credeva che lo shock lo avesse ammutolito, invece quando gli chiesero di raccontare com’era andata parlò senza fatica.
“La signora Muse venne da me insieme al marito. Era vittima di una forte depressione post-parto.” Fece un cenno con la testa alla carrozzina dove era seduto silenzioso un bimbetto di sei mesi.
“La ricoverammo. Era un caso molto grave. La donna odiava il bambino, lo chiamava ‘il demonio’ e diceva che voleva ucciderla.”
“Quando è venuto il marito a trovarla?”
“Diverse volte, ma lei non li ha mai voluti vedere. Però oggi quando si sono presentati, lui e il bambino, il mio assistente li ha fatti passare. Sono andati direttamente nella camera della signora. Dopo pochi minuti, abbiamo udito delle grida orribili. Mi sono precipitato, insieme al mio assistente, nella camera azzurra.

Lui stava in un angolo totalmente coperto di sangue. Era accucciato a terra e tremava. Lei... come l’avete trovata voi.” Ebbe un brivido. “Dilaniata, a brandelli. Lui deve aver avuto un raptus e l’ha uccisa.”
“A morsi, sembra, a morsi” aggiunse uno dei poliziotti. Scosse la testa a esprimere il suo orrore. Poi si avvicinò alla carrozzina da cui prese il bambino.
“Povera creatura! Me lo porto a casa per questa notte. Mia moglie sarà contenta. Guardate com’è carino...”
Il dottore gli rivolse uno sguardo fuggevole, ma quello che vide l’agghiacciò: due occhi vuoti su un ghigno da demonio, una faccia da bestia brutale...
Fu cosa di un decimo di secondo. Un lampo. Un’allucinazione.
Adesso gli occhi azzurri splendenti del bambino lo fissavano ridenti.
Rimase immobile a guardare il poliziotto allontanarsi nel buio silenzioso, il bambino in braccio, un alito di brezza a sconvolgere i biondi ricci.

Cinzia Medaglia

Autrice di libri ragazzi, insegna lingua e letteratura tedesca in un liceo milanese.