Meg

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Sul cesso c’è un ragno. Snif mira ma lo schizzo cola giù mancandolo.
Snif riprova e fa centro.
Solitamente non piscia sui ragni. L’avrebbe lasciato cacare un filino dal buco del culo e smammare se oggi non fosse il 12 settembre 2001.
Meg è arsa nella torre.
“Perdonami, ragnetto, sono distrutto”.
Il ragnetto è tosto, s’attacca all’astuccio del deodorante. A Meg piace profumare gli stronzi del marito; ed eccolo, il ragnetto, che sbuca dal cesso. È fradicio, odora di piscio ed è nero.
La CNN trasmette la tragedia, Snif nel bagno spreme un verme di sapone sul pennello.
“Come sopporterò?”.
Il ragnetto localizza Snif, sfrega le zampette, non sa delle torri, gli hanno pisciato in testa e tanto basta, quella pipì carica di alcool, che nervi.
Snif s’insapona, ma la vista lo frega, la lama del rasoio entra nella carne. Snif smadonna, cerca un tampone, poi lo vede attaccarsi allo specchio e salire, e cazzo se fila.
È il ragnetto; ma è enorme, ora.
“Amore”.
Snif coglie la voce e stringe gli occhi a fessura.
“Meg”.
“Ssst, sanguini”.
Meg, sua moglie, è lì.
Sembra una che le somiglia.
“Colloca i pezzi, Snif”.
Snif sbianca, il sangue gocciola dal collo.
“Cristo, sono strafatto?”
“Snif, amore. Ieri, ricordi? Hai pianto? Hai detto che ero al lavoro, Snif? Invece ero qui e tu zac-zac, Snif, era il mio giorno di ferie, zac-zac”.
Meg è ridotta male, nuda e martoriata di coltellate, puzza e avanza. Il ragno pende dal soffitto.
“Che succede?”.
“Amore, dopo “ieri” ti sorprende questo?”
Meg sorride, chiude le braccia intorno a Snif, morde e strappa la carne del collo che sa di mentolo e sangue.
Snif vede il ragno calargli sulla faccia con zampette frettolose, apre la bocca e urla mentre uno spruzzo viscoso già gli sta squagliando la lingua.

Angelo Di Sarno