Ponte degli angeli

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Vado avanti e indietro lungo il ponte, scrutando le facce sconosciute che si godono il fresco della sera.
Di lui non c'è traccia, ma non importa, ho tutto il tempo che voglio.
Angeli di pietra ai lati del ponte vegliano su artisti e sogni colorati, sui turisti accalcati di fronte alla paccottiglia degli ambulanti.
Lui non si vede, sono settimane ormai che lo aspetto ogni notte.
Prima invece non mancava mai, una birra ghiacciata, una canna e poi tutta la notte a parlare, parlare.
Era l'unico a parlare con me, gli altri facevano finta di non vedermi, proprio come adesso.
I musicisti alzano il volume sperando di racimolare abbastanza per pagare le topaie dove dormono.
Bella questa, è la stessa che suonavano quella sera.
Perché non arriva? L'ultima volta diceva che mi amava, che non mi avrebbe più lasciata.
Siamo andati a casa sua e lui beveva, e mi spogliava.
Beveva, e mi colpiva.
L'angelo con la spada mi guarda in silenzio dal castello - che cazzo guardi? - mentre continuo a fissare la gente.
All'inizio mi ha fatto male... credo, ma poi non ho sentito più nulla, stavo bene.
Potevo camminare, niente più sedia a rotelle.
Mai stata così bene.
Anche ora sto benissimo, è per questo che voglio rivederlo.
Voglio che lo provi anche lui.
Ho imparato presto come si fa.
Quando si alza la brezza, quella che chiamano "ponentino", devi soffiare e spingere, soffiare e spingere insieme al vento.
Cos'hai da guardare ancora? Pensa a fare la statua che a lui ci penso io!
Devo solo aspettare che torni e che si sieda sul muretto, come faceva sempre.
Allora attenderò che arrivi il ponentino, poi andrò ad abbracciarlo, e soffierò forte insieme al vento.
Così sentirà com'è fredda l'acqua del fiume.
Scoprirà come mi sento bene adesso.

Luigi Brasili