La Regina Bianca

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

La rievocazione storica narrava di un popolo in miseria, affamato, sognatore che seguiva in un cammino senza meta una bugia illusoria: la chimera della ricchezza, del benessere, della felicità. A lei era sempre piaciuta l’idea di partecipare a queste recite paesane, dove tutti indossavano gli stracci logori dei loro antenati, un po’ tra la magia e il carnevale. I figuranti la sera si ritrovavano per le prove nel centro parrocchiale. Si travestivano in fretta tra il vociare delle comari e correvano nel parco della villa dove li dirigeva il megafono del regista.
La sera del primo spettacolo la notte senza stelle e le torce accese davano senza sforzo l’atmosfera tenebrosa del medioevo. Infreddolita, nei suoi stracci da popolana, lei fissava l’uomo che al termine della storia li avrebbe condotti a morire lontano, tra mille stenti, facendo credere a tutti di essere una guida buona, un conoscitore del futuro.

L’attore che lo impersonava era un signore molto conosciuto che le era stato presentato durante le prove. C’era una luce strana nei suoi occhi neri che bruciavano intensi nel viso ormai vecchio. L’incantatore di folle ricambiava il suo sguardo con fierezza, conscio dell’inganno, ma incapace di cambiare il corso degli eventi. La stessa scena doveva essere capitata davvero, alcuni secoli prima e questo pensiero l’aveva fatta rabbrividire.
“Signori, a voi!” Era l’invito del regista ad iniziare. Tutte le videocamere erano accese, gli zoom puntavano i volti dei protagonisti.
Quando apparve la Regina Bianca, la Morte, la ragazza e il vecchio istrione casualmente erano vicini. Mentre l’alta figura incedeva lenta lei risentì quel brivido. Stranamente l’attrice dava le spalle al pubblico. Videro solo loro due il teschio ghignante martoriato di fori da cui uscivano immonde larve brulicanti. Dopo l’urlo troppo acuto gli spettatori attesero che gli attori si rialzassero. Invano.

Laura Vicenzi