Rapina al treno per Golison

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Siamo arrivati in questo buco sperduto due giorni fa. O forse tre. Mai stato bravo con la matematica. Io e Cisco Bob non siamo istruiti. È Ace quello bravo.
Abbiamo svuotato il treno che trasportava gli incassi dei minatori. Ventimila pezzi. Ci girano per le tasche dollari come puttane in un bordello. Tutto grazie ad Ace.
Per toglierci di mezzo per un po’ siamo finiti qui.
Secondo Ace i federali si aspettavano che andassimo a spassarcela a New Orleans o ad Atlantic City, non a Golison, capitale della merda di vacca.
E li avevamo fregati proprio a puntino.
Fino alla scorsa notte. Qualcosa è caduto dal cielo. Un botto pauroso. Io Cisco Bob e Ace ce la siamo quasi fatta sotto, pensavamo che la Compagnia Mineraria del Dakota avesse mandato l’esercito a morderci la chiappe.
Magari l’avesse fatto.

Stamattina i bifolchi di Golison hanno iniziato a mangiarsi tra loro. Dalla finestra li ho visti barcollare, la pelle grigia, le mani protese in avanti.
Hanno mangiato i cavalli.
Hanno mangiato il prete.
Hanno mangiato i bambini. I loro bambini, dannazione.
Ace ha detto di averne abbastanza. È uscito in strada. È bravo a sparare. I primi sei li ha stesi in due secondi. Si è spostato sulla sua destra, ha ricaricato.
Quei sei si sono... rialzati. Lui li ha rimessi a sedere. Due di loro con il grugno disfatto dal piombo.
Alla testa! Ho urlato. Anche Ace doveva esserci arrivato perché stava mirando più in alto quando gli sono saltati addosso.
Adesso siamo io e Cisco Bob. Lui dorme, sbronzo. È convinto che sia tutto un incubo. Può darsi che abbia ragione.
Mi fa paura che Ace è con loro.
Ha già guardato verso la nostra finestra al terzo piano del saloon.
Lui non è tipo da scordarsi degli amici.

Massimo Guetti