Guillaume al passaggio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Trovo sul tavolo un pezzo di carta scritto a macchina. Lo leggo.
Ho di nuovo quella paura, ce l’ho ancora.
Non sono riuscito a smettere di guardarlo, ma ora so come muovermi. Devo impiccarmi credo, devo passare il prima possibile e il tramonto mi accompagnerà. Sì, sto per passare. E lui, lui mi ha già sentito! Sa che sto per passare. Ma questo è meraviglioso. Oh sì, e per il dopo che tremo, per il dopo. L’importante è passare veloci, meglio non pensarci. Piuttosto scrivo a caso... il mio nome. Sono Guillaume, Guillaume che sta per passare.
La sua ira mi sfiora, dolce carezza che isola le mie ombre. Il suo sguardo mi squassa gli arti e legge l’infamia del midollo... Devo passare, perdona.
La prima cosa che penso dopo aver finito quelle parole è: ma che senso ha? Perché scrivere una cosa del genere. Questo è lo scherzo di un pazzo! Ma più di tutto vorrei sapere come è arrivato in casa mia ‘sto foglio.

Poi mi guardo intorno e riesco a sorridere. Ironizzo addirittura: forse questo frocio di un Guillaume l’avrà passato “quell’esame”, ormai. Continuo a non cogliere alcuni passi della realtà... mi distraggo e mi viene in mente una scena di qualche film visto da poco: un ragazzo morente, trapassato da una fiocina che lo blocca ad una sedia. Niente sangue. Mi sembra che guardi se stesso che muore, incredulo. Poi alza lo sguardo e la scena finisce con un’ombra che non riesco a schiarire. Alzo la testa e ritorno alla realtà: l’ombra ora è chiara. E’ una donna credo, seduta sul mio letto.
-Buonasera- le faccio e continuo -Il signor Guillaume si era sbagliato, lei è una lei-.
Mi guarda, ma sono io che la guardo, e concludo -Immagino di dover passare-.

Paolo Simonetta