Quel sinistro presagio

Tempo addietro riposavo beatamente sul vecchio ma comodo sofà nell’immenso attico lasciatomi in eredità da una ricchissima baronessa rumena presso cui lavoravo. La signora in questione era una vedova senza prole e nel testamento redatto di suo pugno diede disposizione di lasciarmi tutto ed essere seppellita decorosamente in patria, secondo le usanze del loro misterioso ed affascinante paese.
Tutto il parentado, vuoi per invidia o pura cautela, era sul piede di guerra per la mia nuova residenza sospettata d’essere ricettacolo di strane “presenze”; ma io, miscredente sin dalla culla ed indifferente alle ataviche angosce che affliggono l’umanità dal pozzo dei secoli, ero talmente ansioso di abitare la mia nuova casa che mi lasciai alle spalle tutti i loro piagnistei.
Pochi anni dopo e maledizione alla mia testardaggine, mi trovo ora a concordare con la paura che comprimeva parenti ed amici i quali, accortisi tosto del pericolo imminente che correvano nello starmi accanto, si erano ormai defilati in ogni dove per evitare colui che avrebbe rovinato la loro piatta e regolata esistenza: il sottoscritto!
Tutto ebbe inizio stranamente e mi spiegherò meglio: durante i miei lunghi e beati ozi sul vecchio e comodo sofà sopra citato, non avevo mai fatto caso ad un quadro oramai divorato dalla polvere ma che faceva ben intravedere il volto nobile di quello che, a suo tempo, fu probabilmente un ricco barone.
Un’altra accortezza che avevo deliberatamente evitato era quella di soffermarmi oculatamente sull’espressività di quel volto così torvo ed irregolare che sembrava racchiudere in sé tutte le nefandezze di cui si fosse macchiato.
Era a dir poco sconvolgente l’aura di malvagità che emanava, sembrava intento a calamitare la mia attenzione con quei suoi occhi talmente magnetici: un brivido mi corse lungo la schiena ed a stento riuscii a trattenere un singhiozzo; fu così che volsi lo sguardo altrove, distogliendolo da quella maschera d’orrore ancora intenta a volere la meglio sulla mia psiche e rendermi prigioniero di chissà quale arcano disegno.
La prima volta fui abbastanza forte e deciso a non cadere nelle spire del suo potere mentale ma, ciò che più mi mandò in delirio di follia, le volte seguenti non ebbi abbastanza polso fermo e quasi prendevo gusto a lasciarmi avvolgere da un senso d’impotenza verso uno stato d’animo che lasciava “presagire” nulla di piacevole.
In preda a crisi mistiche, uscii da casa per respirare un po’ d’aria diversa e mi diressi verso lo studio di un vecchio amico di professione psichiatra, pretendevo delucidazioni da qualcuno sul mio tormentato stato d’animo e speravo in cuor mio che Vladimiro - il medico testé citato - potesse aiutarmi!

Ci abbracciammo calorosamente per la distanza trascorsa dall’ultimo incontro avvenuto anni addietro e, discorrendo di quanto accadutomi, notai in lui un’ansia non comune agli esseri umani: dapprima sereno, sembrava ora turbato dalla mia situazione; ma fu il mio turno stavolta di essere turbato giacché, analizzando la sua mimica mentre tentava di darmi barlumi di ragione, ebbi l’amara impressione - e mi auguro di errare, ma ero nel giusto! - che egli conoscesse alquanto bene le mie distorte sensazioni e che mi stesse celando qualcosa di proposito.
Terminato il colloquio lo ringraziai ma dal profondo del cuore giurai a me stesso di non interpellarlo più: neanche se tutti i sensi mi si volgessero contro!
All’uscita dello studio mi colse un tremendo acquazzone - non sapevo, nella mia paranoia, se fosse un dispetto alla mia curiosità - e corsi come un cavallo fino alla biblioteca comunale per cercare conforto dalla violenza di quell’improvvisa intemperanza del tempo.
Sapevo che erano forniti di un’ottima rete telematica, qualora si volesse cercare le proprie origini o altro ancora, così prenotai una postazione e mi misi a curiosare per mettere insieme i pezzi del mio complicato mosaico psicologico; le ore volarono via in un baleno e mi trovai di sera che ancora mi sforzavo la vista su quel maledetto concentrato di tecnologia che sembrava non volesse fornirmi alcuna spiegazione a riguardo.
Preso da una fredda collera abbandonai lo schermo per dirigermi verso il settore libri, dove speravo di risolvere il dilemma in modo definitivo.
Nuovamente maledissi la mia curiosità poiché, come se un sinistro presagio si facesse beffe del mio cervello ormai debilitato, aprii il libro esattamente alla pagina concernente le origini e le usanze dei vari popoli e qui pagai lo scotto della mia - giustificata, ritengo - caparbietà: venni a sapere, scrutando accuratamente ogni minimo particolare, che il mio caro amico Vladimiro era in realtà il figliastro della baronessa defunta nonché pro-nipote del “Signorotto incorniciato”, il quale era a sua volta un remoto cugino dell’arcinoto impalatore: Sua Malvagità Il Conte Dracula.
Ero letteralmente esterrefatto da quella terribile scoperta e sentii i sensi abbandonarmi, non mi era mai capitato d’avere paura, ora ero terrorizzato!
Rincasato nel pieno della notte poiché la biblioteca chiudeva tardi, mi coricai e cercai di evitare lo sguardo sempre presente e minaccioso di “Mister Zanne Lunghe”; neanche a dirlo, pagai ancora caro la mia forzata indifferenza: mi sentii chiamare da una voce rauca che predicava attenzione e, debole qual ero, la ebbe senza la minima resistenza.
Pareva di essere toccati da quel timbro raffinato e risoluto allo stesso tempo, ebbi così una visione guidata in cui vedevo anticipatamente le sciagure che mi avrebbero colpito e che avrei poco dopo arrecato. Verso la fine del mio viaggio all’inferno la voce si fece udire per l’ultima volta solo per annunciarmi che presto o dopo il mio esile corpo sarebbe mutato al favore delle tenebre, divenendo la creatura più spietata e feroce del panorama orrorifico tipico di quella terra che lo aveva coltivato nell’immaginario di tutti: il VAMPIRO della Transilvania.
La mutazione non si fece attendere, andai allo specchio per rendermene conto e tale fu la mia sorpresa nel vedermi realmente trasformato: la faccia era di un pallore spettrale, i denti lunghi e taglienti come rasoi, le membra dapprima fragili erano ora preda di un forza sovrumana e, particolare che più fa rabbrividire, gli occhi erano simili a tizzoni ardenti che avrebbero intimorito persino il peggior criminale della terra!
Tutto il mio essere fremeva nell’ardimentosa voglia di entrare in azione e sperimentare al più presto i nuovi “poteri”, andai sul balcone dell’attico e mi volatilizzai nelle fattezze di un gigantesco ed elegante pipistrello dal pelo scuro e tetro come la notte che, di lì in poi, sarebbe stato il mio regno e la mia linfa vitale.
Girovagai fino all’alba e feci strage d’ogni essere animato che si parasse sul mio temerario cammino, non risparmiai niente e nessuno!
Il mattino seguente, riprese le sembianze umane, mi diressi al lavoro come sempre e notai che i miei poteri mi accompagnavano anche di giorno - anche se non mutavo l’aspetto -, ne fui addirittura contento poiché mi erano utili a smascherare ipocrisie, a vedere e sentire oltre le pareti più spesse ed inoltre avevo acuminato la mia intelligenza in modo sproporzionato: di giorno avevo il lusinghiero appellativo di Cicerone ma la notte...
Ogni notte tali doti si acuivano per scopi più scellerati e tale regno infernale durò sino a quando, inconscio ed incapace di controllare il mio corpo, ebbi la sventura di perpetuare il male tramite una cara amica con cui avevo passato una notte fantastica e quello fu l’errore fatale che mai mi sarei perdonato, dovevo necessariamente farla finita.
Escogitai infine un espediente che mi avrebbe “liberato” per sempre: collegai all’estremità di un filo metallico un coltello da macellaio e lo appesi al soffitto in modo che, uscendo dal sarcofago, avrebbe fatto centro in pieno petto senza lasciare via di scampo.
Il piano funzionò alla perfezione: le pagine di cronaca del mattino seguente mi immortalarono col petto perforato dalla pesante lama micidiale, conservai un sorriso enigmatico ma oramai tutti erano al sicuro e nessuno dovette più odiare e temere un uomo che, sino a quel tragico evento, mai fu nocivo ad alcuno.
Il guaio è che ho prole in arrivo... perdonatemi se potete!

Luca Iazzolino

Anni: 27, professione: studente univivesitario, hobby: lettura, musica e cinema, città: Cosenza.