Set

Il giardino era completamente vuoto, il vento modellava strani lamenti che facevano venire la pelle d’oca. La casa era immersa nel buio, tutte le luci erano spente, le imposte chiuse; solo la porta principale era spalancata.
“Perché vuoi portare dentro anche me? Lo sai che odio questa casa Luca, mamma e papà si arrabbieranno!” pensai prima di mettere il piede sul grande pianerottolo d’ingresso. Il buio era opprimente, non si vedeva niente all’interno della casa. Il vento continuava a soffiare e mi scompigliava i capelli. Il cuore iniziò ad accelerare, la fronte era imperlata di sudore, il respiro più pesante per la paura. Mi avvicinai alla porta con passo incerto e gridai il nome di mio fratello. Niente. Mi feci coraggio ed appoggiai la mano alla porta, entrai piano nella casa; rimasi fermo per alcuni secondi per abituare la vista a quell’oscurità invadente. All’interno dell’abitazione l’aria era più calda, vagai con lo sguardo nell’ampio soggiorno cercando tracce di Luca.
La sala era enorme, al centro due divani coperti da un cellofan; in fondo al salone un grande camino pieno di legna. Avanzai nella stanza e intravidi una scala nella parete est, mi accostai e vidi una rampa di scale scendere nell’oscurità e una rampa salire. Decisi di salire sperando di trovare alla svelta mio fratello.
“Che scherzo di pessimo gusto” rimuginai ormai bianco per il terrore. Gli scalini scricchiolavano ad ogni passo, un rumore mi fece sobbalzare; rimasi fermo trattenendo il fiato. Guardai verso il basso ma non vidi altro che un muro nero. Aspettai un minuto, immobile, ma non sentii più niente.
“La paura fa strani scherzi” mormorai tra me e me. Ricominciai l’ardua salita quando gli scalini si ruppero sotto il mio peso, urlai preso da un incontrollabile sgomento, precipitai nel manto nero di quella casa e caddi pesantemente sulla rampa di scale che portava al piano inferiore. Gli scalini di legno cigolarono ma ressero l’impatto. La schiena era un fuoco, il fianco destro mi doleva e mi lanciava fitte profonde che toccavano il cervello. Mi rialzai a fatica, impolverato, spaventato; gridai a squarcia gola LUCA, LUCA!. Niente.
Arrabbiato con me stesso per aver seguito quello stupido, cercai di camminare verso quello che sembrava un lungo corridoio. Passai davanti a due porte chiuse a chiave, il locale era pieno di ragnatele. Mi avvicinai ad una porta semichiusa, allungai la mano per prendere la maniglia quando sentii un respiro soffocato. Mi paralizzai terrorizzato. Il respiro proveniva dalla stanza. Pensai a Luca. Una risata isterica mi scappò dalle labbra. Spinsi leggermente la porta cercando di non far rumore ma questa cigolò facendo un gran chiasso.
“Potevo urlare che facevo prima” riflettei rabbiosamente. La stanza era scarsamente illuminata da una finestrella che dava sul giardino. Vidi un lettino bianco in mezzo alla stanza. Il respiro era cessato tutto ad un tratto. Mi avvicinai alla branda e vidi un corpo disteso. Urlai spaventato indietreggiando. Nel fare un passo indietro toccai un soprammobile che cadde pesantemente a terra facendo un gran rumore. Il cuore sembrò fermarsi per un momento. Sudavo freddo. Il respiro ora era affannato ora inesistente. Guardai da vicino il corpo e vidi del sangue fresco per terra. Urlai mentalmente di scappare ma le gambe erano inchiodate al pavimento. Mi avvicinai a quel corpo disteso e vidi la faccia di Luca orrendamente sfigurata. Urlai di dolore, paura, tensione; sollevai il corpo e piansi vedendo che il braccio destro era stato asportato dal corpo. Singhiozzai per qualche secondo incredulo quando una risatina alle mie spalle mi fece voltare. Vidi un’immagine sfuocata per via delle lacrime; un uomo con un camice bianco mi guardava sorridendo. Nella mano destra aveva una mannaia insanguinata. Urlai nuovamente, l’assassino di mio fratello si avventò su di me; scartai di lato e corsi fuori dalla stanza. Mi voltai e scorsi il camice insanguinato; “è vicinissimo” calcolai mentalmente. Corsi a perdifiato cercando una via d’uscita, svoltai più di una volta; non finiva più il corridoio.
Sentii urlare di eccitazione quel pazzo che mi rincorreva con la mannaia alzata. Sbattei contro una porta che cedette cadendo in avanti, sentii l’aria fredda penetrare nei polmoni. “Sono fuori!” gridai alla notte rimettendomi in piedi. Ricominciai a correre, il giardino era immenso; dovevo essere uscito dal retro. Mi voltai un attimo e non vidi niente. Mi fermai di colpo per riprendere fiato, la notte era silenziosa, il vento aveva smesso di soffiare. Non vidi altro che alberi. Mi calmai un attimo quando qualcosa di freddo mi colpì la scapola sinistra. Una fitta di dolore investì il cervello, urlai disperato, cercai di girarmi per colpire l’uomo ma caddi pesantemente a terra. Guardai la faccia del mio assalitore, lo vidi sorridere di piacere, già pregustava la fine. Alzò la mannaia sopra la testa quando una luce mi accecò gli occhi ed illuminò a giorno il giardino.

“Stop! Buona la prima! Siete stati formidabili, mi sono spaventato anche io! Adesso riposatevi che tra due ore giriamo la scena finale.”

Claudio Bertolotti