Demoni

Nella stanza in penombra la luce fredda del televisore illuminava senza gloria gli oggetti, ammantandoli di tenue e incolore impersonalità; una sedia, un tavolo giusto sotto la finestra, un paralume e un uomo, smorti nell'arco di luce proiettato dalle immagini lontane eoni.
Nell'azzurro variabile di immobili figure Jack era riverso sulla poltrona.
Le mani grasse serrate ad artigliarne i braccioli, e la fronte imperlata di sudore lucido e cristallino, figlio di ritorni alla realtà troppo bruschi; le vertigini turbinanti del camminare sospeso tra la realtà e baratri immensi e senza fondo gli provocavano un sonno intermittente, facendolo approdare, come un naufrago sbattuto dalle onde di un mare oscuro e tempestoso, ora sulle sponde della realtà, ora su quelle dell'incoscienza più assoluta.
In alcuni ritorni più stabili di altri Jack cercava di interrompere il viaggio, raddrizzandosi sulla poltrona e passandosi una mano sulla fronte ad asciugarne il sudore, ma il sonno prendeva il sopravvento, e gli esseri notturni e innominabili che abitano le regioni remote dei sogni tornavano a tormentarlo, pungendolo con le voci acute e profondamente aritmiche. Fu nell'ultimo spezzone di sogno che Jack trovò le forze per ritornare definitivamente alla realtà, quando, in preda a un indicibile panico causato da alcune elaborazioni troppo vivide degli eventi della giornata, rinvenne sobbalzando sul morbido del suo giaciglio.
Con gli occhi ancora appannati e socchiusi si guardò intorno a scrutare l'ambiente, quasi a volersi accertare di non trovarsi ancora in una delle perverse fantasie che lo ossessionavano da anni, e quando riconobbe la stanza d'istinto si rilassò, lasciandosi sprofondare nella poltrona; con noncuranza gettò una mano sul comodino basso alla sua destra e tastò la superfice per cercare le sue sigarette, agguantato il pacchetto ne cacciò una e la portò alla bocca, poggiandola sulle labbra secche.
Come il fumo cominciò a levarsi, offuscando la vista del televisore un tonfo sordo ruppe la bolla di silenzio che aveva avvolto la stanza seppur per breve tempo; Jack strinse le labbra aspirando forte l'ultima boccata di fumo, con calma posizionò il mozzicone nel posacenere e premette fino a bruciarsi le dita, aiutandosi con le mani sui braccioli si alzò e barcollante si stiracchiò leggermente, aspettando che il sangue cominciasse a rifluire nelle gambe portando via il terribile formicolio; di scatto agguantò una scopa, si diresse deciso verso la parete dalla quale era provenuto il rumore e vi poggiò l'orecchio.
Quando un nuovo tonfo scosse l'aria d'istinto ritrasse la testa, come avesse timore di essere colpito attraverso il muro, e cominciò a picchiare forte sulla superfice ricoperta di effigi e immagini sacre, poi allungò un braccio e raggiunse una piccola finestrella rettangolare, non più grande di una bibbia chiusa; fece scorrere di lato il pannello che la sigillava e vi poggiò la bocca: “state fermi” urlò poco convinto, poi lanciò un'occhiata al buio che malediceva il piccolo spazio celato oltre la parete e sigillato dalla porticina che mesta campeggiava in un angolo; richiuse la finestrella.

Si voltò farfugliando qualcosa a proposito di una questione cui avrebbe dovuto porre una fine, ma che bisognava derogare, quando un pianto sommesso ed ovattato si levò tagliente da dietro il muro; Jack si portò entrambe le mani alle tempie e cominciò a scoutere la testa chiudendo gli occhi, “lo sapevo“ piagnucolò inginocchiandosi, e tra urletti pietosi continuò “Dovevo farlo quando era ancora possibile, come con gli altri, bisognava che ricevessero lo stesso trattamento”; a un tratto una voce cupa e profonda ruppe l'aria mentre il pianto acuto continuava martellante a scrosciare nel cervello di Jack.
“Jack” tuonò la voce, “voltati e guardami” alchè Jack si rivolse carponi alla croce sulla parete dalla quale provenivano le parole; come incrociò lo sguardo del Cristo che campeggiava irato sull'enorme croce decorata ebbe un moto di stizza e si rivolse a guardare fuori dalle finestra, si alzò e si ripulì dalla polvere, poi cercando di darsi un contegno accese un'altra sigaretta e trasalì ”Perchè proprio io, perchè mi affliggi con i tuoi problemi”, “le vie del signore sono infinite” replicò la voce, e continuò “Verrà un tempo in cui il giusto schiaccierà la testa dell'empio col piede, e le anime corrotte e infernali degli esseri che ti tormentano scompariranno nel profondo di un budello nero e senza fine”.
Jack si voltò e lanciando un bicchiere contro la parete, nel tentativo di far terminare i terribili lamenti che ne provenivano, tese il collò e urlò “Io vivo già in un inferno, e sono condannato, non vedi come mi tormentano, vagano nei miei sogni, e quando dormo mi sottopongono a torture inumane, e quando morirò saranno lì, sulle ali del corvo o nel riso della iena, ad aspettare la mia anima e a cibarsi del mio corpo” e continuò indicando la finestra grande sull'altro lato della stanza “Guarda tu stesso se puoi, oltre quella finestra, tra quei palazzi grigi che dominano la città si agitano figure invisibili, convulse e frementi esse banchettano immonde coi cadaveri di coloro che riescono a catturare e a smembrare di notte, e attendono e sognano la fine degli uomini, quando potranno riversarsi senza timore nella notte eterna che avvolgerà il creato, in essa i veri padroni del mondo si spiegheranno, come ali di uccelli immensi e fiammeggianti, oltre i sensi e l'umano voleranno, su città e città antiche più del tempo, oltre la luna, e il sole; e tu non avrai più potere, sarai catturato e patirai mille volte i dolori che ti furono imposti sulla croce della tua fine, e maledirai tuo padre ancora una volta prima di scomparire nell'abisso” “e quindi tu non avrai assolutamente più protezione” sbottò seccata la voce “è per questo che dovresti attenerti più seriamente al completamento delle missioni che ti vengono assegnate, per quale motivo due dei cinque esseri che sei riuscito a catturare sono ancora in grado di piangere e agitarsi nelle immonde forme che sono proprie della loro razza?”
“Sono stufo” lamentò Jack “stufo di essere un nessuno qualunque, uno zero sulla lama di un machete che sta per infrangersi su un'arteria del mondo, io voglio essere la lama, splendere al sole del giorno e far sanguinare il velo dell'ignoranza. Tutti sapranno, e vedranno cosa ho fatto, come li ho salvati, e saranno maledetti dalla visione degli orrendi volti degli esseri che ora si agitano e maliziosi chiedono aiuto, nessuno potrà più dormire, e tutti conosceranno la verità; racconterò come ho vissuto, e come di volta in volta sono stato la mano di Dio e il suo occhio vigile, quando come il falco ho ghermito la preda o come il leone l'ho combattuta fiero, e i racconti scorrerano come il sangue nell'animo di chi starà ascoltando. E i demoni non saranno più in grado di agire, perchè tutti conosceranno le loro mosse, e i loro metodi; andrano a prenderli nelle loro tane con la forza dei molti, le carni si lacereranno e gioiremo alla vista dei crani disfatti e scardinati, e i ventri aperti sulla terra di Dio”.
Jack era affannato, rivolto a parlare al Cristo aveva speso le poche energie che il non dormire gli aveva lasciato, era stremato e cadde di nuovo in ginocchio, osservano le goccie di sudore che dal mento gli bagnavano il ventre, e raggiungevano terra; poi con gesto fulmineo si alzò e corse verso la cucina, ne ritornò brandendo un coltellaccio da macellaio, enorme e splendente nella luce che filtrando dalla finestra, debolmente assumeva i toni rosati del mattino, cercò freneticamente nelle tasche e estrasse una chiave dalla foggia antica.
Corse deciso verso la porticina della sua prigione e con le mani tremanti, tra i ticchettii della chiave che sbattè qualche volta contro l'effige a testa di leone che circondava la serratura prima di infilarvisi, spalancò la porta.
Intanto il Cristo sulla croce osservava assorto i gesti di Jack, le sue movenze maldestre, sembrava un animale, grasso, sudato e fetido, come Jack fu scomparso nel buio della porticina il Cristo tese l'orecchio, queli che seguirono furono i rumori di una breve lotta, che presto si concluse con un urlo strozzato.
Jack uscì dall'antro tenendo per il collo, sollevata da terra, una delle due bestie, mentre questa si dibatteva e spalancava la bocca tra urla e fili di bava; aveva gli avambracci sporchi di sangue e segnati da morsi “una ho dovuto ucciderla sul momento, come avrai ben sentito, ma questa... oh, di questa godrai la morte in diretta, e il suo sangue laverà i miei peccati e sarà la mia redenzione” detto questo, alzò l'essere urlante verso la croce e, spalancando le braccia offrì al Cristo anche la vista del coltello, e bestia e coltello si unirono, nel tripudio di una festa di sangue, e a pugnalate seguirono pugnalate, violando il ventre gonfio dell'essere, recidendo le vene che bluastre si addensavano sotto la pelle, squarciando le carni corrotte e fracassando le ossa.
Quando la Polizia sfondò la porta trovò Jack ancora riverso sul corpicino inerme della creatura, egli non oppose resistenza e si avviò verso la sua gloria, i resti del bambino furono coperti con un lenzuolo.

Nikola Todorov