Estate

Ero buttato là, sul divano. Credevano che fossi morto. In effetti potevo anche esserlo, mi avevano sparato.
Non riuscivo a muovermi e i miei sensi erano intorpiditi.
Loro ridevano, avevano appena ucciso un uomo e ridevano. Non direi che sia il massimo della sanità mentale...
Erano nell’altra stanza, la camera da letto, e io abbandonato come un giornale sul divano.
Lezione imparata, meglio non fidarsi di nessuno.
Comunque se mi sono fidato è perché lei sembrava diversa dagli altri.
Certo io non ero uno stinco di santo, ma non mi meritavo quella fine, anche se i “non lo merito”, con queste storie non c’entrano.
Dovevo aver perso abbastanza sangue, ma avevo ancora le forze per alzarmi.
Una fitta dolorosissima mi costrinse a rilassare i muscoli e se ce l’ho fatta ad ergermi è stato grazie alla rabbia.
Barcollante cercai di andare a prendere qualcosa per fargliela pagare, ma forse è meglio che vi racconti tutta la storia.
Luisa l’avevo incontrata sulla spiaggia. Avevamo entrambi diciassette anni.
Fu suo cugino che ci fece incontrare.
Non passava inosservata. Alta circa un metro e settanta, fisico snello, seno pieno e prosperoso, sedere alto, tutte cose che un maschietto nota.
Me ne stavo tranquillo sulla spiaggia a fumare le mia cicca, ma non le toglievo gli occhi di dosso. Doveva avermi notato, ogni tanto si voltava sorridendo. La scuola era finita e io mi sentivo in paradiso.
La casa dei miei non era proprio una villana neanche una baracca.
Non sapevo ancora cosa mi sarebbe successo e mi godevo la “vida loca”.
Era davvero uno spasso. Sapete cosa intendo.
Di sera c’erano sempre feste sulla spiaggia, un po’ di marijuana, bagno di mezza notte e ogni tanto anche qualche scopata.
Comunque me ne stavo per gli affari miei alternando un tiro e un sorso di birra.
Dopotutto non dovevo alzarmi la mattina per recarmi in quel cesso di edificio, vida loca...
Luisa mi si avvicina e mi chiede se può sedersi. Io mi stringo nelle spalle.
Agguanta la mia birra e ne beve un lungo sorso, mi toglie la cicca di bocca lasciandomi come un ebete.
<<Non ti ho mai visto prima. Chi sei?>>
<<Mi chiamo Fabio. Sono un amico di tuo cugino.>>
Nemmeno mi degna di uno sguardo, si attacca alla bottiglia e guarda il cielo stellato.
Dico io con tutti gli stronzi che ci sono, proprio a me doveva rompere i coglioni? Il primo pensiero che m’è passato nel capo.
Non sarei stato di certo lì a guardare il cielo. Le tolgo la sigaretta di bocca e faccio un tiro lungo.
Luisa sembrava un po’ alterata, ma poi una risatina e tutto passa.
<<Sei fidanzata?>>
<<Voi maschi chiedete sempre la stessa cosa. Mai un ragazzo mi ha chiesto...>> Pensò un po’ e poi scoppiò a ridere <<Non immagino neppure cosa un ragazzo mi debba chiedere.>>
Vedo uno grosso come un armadio che mi viene incontro.
<<Fai il cretino con la mia ragazza?>>
<<Che?>>
Mi strappa di mano la bottiglia e mi alza per la maglia.
Ragazzi, l’istinto ha preso il sopravvento. Un calcio nei gioielli e quello cade a terra, afferro la bottiglia e gliela spacco in testa e lui, pluf, a terra.
Si rialza, con la testa sanguinante e se ne va.
Sul momento pensavo che andasse a chiamare rinforzi, ma invece no.
Guardo Luisa che è sbalordita e dico di essere dispiaciuto per la birra.
Mi alzo, e le chiedo se vuole venire con me a casa. È ben felice di seguirmi.
Montiamo sul cinquantino e parto a razzo.
Meglio prendere una stradina secondaria e deserta. Casa mia è priva di luci per due motivi:
il primo è perché e vuota, i miei sono a casa di amici, secondo l’orologio segna mezzanotte.
Freno e le do le chiavi, sistemo il motorino ed entro in casa a ruota.
Luisa contempla il mio televisore al plasma con Dolby surround. È una che fa come vuole, se ne infischia delle regole, si siede sul divano e io sgommo in cucina a prendere la birra.
Mi siedo guardando le gambe nude e accavallate. <<Chi era quello di prima?>>
<<Uno stronzo.>>
Ottimo. A casa mia, in costume, un po’ brilla e incazzata col fidanzato.
Accendo lo schermo e le poso una mano sul ginocchio, tanto per vedere la reazione. Mi lascia fare. Grande.
Salgo con la mano e accarezzo la coscia.
Si gira, mi guarda e io mi preparo a incassare uno schiaffo, invece mi bacia e si slaccia il reggiseno. Altro che vida loca.
È stupenda e non ci penso su tanto prima di saltarle addosso e di farmela.
Una tipa in cerca di emozioni, io uno... che vuole trasgredire.
Birra fino alla sbronza, qualche tiro di marijuana e sesso. Che chiedere di più?
Forse restare vivo.
Luisa però era davvero strana. Io sapevo riconoscere i limiti, ma lei li oltrepassava.
Si faceva l’acido, fumava due pacchetti il giorno, alcolici a non finire...
Cominciammo a uscire regolarmente ed era sempre uno spasso.
Mano nella mano, sesso, birra, tv, sigarette. Dormire fino a mezzogiorno...
Tutto regolare? Sì, come no?
Era una sera come le altre. Magari era diventata una routine, ma... insomma, mi chiama e mi dice di andare in spiaggia.
Guardo l’ora e sono le dieci.
Arrivo in spiaggia e li trovo nel tipico atteggiamento californiano: falò sulla spiaggia, chitarra ed erba. Mi siedo vicino a Luisa e mi spiega che ci sarebbe stata una festa con tutti i ragazzi. Sei me compreso. La festa si terrà in un casolare nel cuore della pineta.
“Bene, almeno si spezza la routine.” Penso io.
Due ragazzi vanno avanti e io sto abbracciato a Luisa, mentre il fuoco viene soffocato con la sabbia. C’inoltriamo nella ciclabile e poi nella pineta.
Quello con la chitarra strimpella una canzone sfigata e fuori moda.
Una bottiglia di brandy alla mano, un cartone di birra pacchetti di sigarette e alcuni spinelli.
Entriamo nella casa. Uno posa le birre, l’altro accende la canna e mi guardano. Tutti mi guardano. C’è un silenzio irreale.
Sento dolore e cado a terra, mentre un qualcosa di caldo mi scende dalla fronte. Uno di loro deve avermi colpito con la chitarra.
Mi metto in ginocchio e vedo Luisa, immagini tutte sfocate, mi punta contro qualcosa, poi un rumore assordante e il buio.
Gli stronzi urlano, mi versano addosso la birra, bevono, fumano e chissà che altro. Vengo raccattato da terra e buttato sul divano. Mi mettono in mano la pistola per simulare il suicidio. Grosso sbaglio.
Ora avevo la pistola in mano e loro in camera da letto.
Cazzo altro che vida loca, loro erano matti.
Fanculo, li ammazzo tutti, tanto al massimo... mi ammazzano e in queste condizioni non ce la faccio a scappare.
Entro nella camera e comincio a sparare alla cieca cercando di tamponare il sangue che mi esce dal ventre.
Due li ammazzo sul colpo e gli altri li ferisco.
Nella casa ora ci sono solo lamenti.
Faccio appello a tutte le mie forze e mi dirigo verso Luisa.
L’avevo colpita al braccio destro e alla gamba.
Era tutto imbrattata di sangue.
Sanguinava e piangeva m’implorava. <<Ti prego io... noi scherzavamo, la situazione ci è sfuggita di mano!>>
Fottiti.
Sparo e la becco in un occhio.
Agguanto il cellulare e chiamo le forze dell’ordine e un’ambulanza, però non ho più forze e mi lascio cadere sul divano.
Poco dopo sento le sirene e delle voci che mi intimano qualcosa.
L’ambulanza va veloce, sono quasi dissanguato, ma riescono a salvarmi.
Bene, questa è la mia storia e vi consiglio di scegliere delle ragazze a posto e non loche ne va della pelle...

Alex Tasciotti