Buio

DI NOTTE, MENTRE DORMI, NON FARTI INGANNARE DAL SILENZIO.
NEL BUIO, DA QUALCHE PARTE, ANCHE SE TACE, C'E' QUALCOSA CHE SI STA MUOVENDO.
CHE TI BRACCA.
TI OSSERVA.
E ASPETTA IL MOMENTO BUONO. L'ATTIMO GIUSTO.

 

-Buonanotte, io vado a dormire!- esclamai, esausto.
-Buonanotte tesoro, tra poco arriverò anch'io.-
-Ok, ciao mamma- salutai.
Feci la rampa di scale che congiungeva il salotto e il corridoio. Lo percorsi, aprii l'ultima porta a sinistra ed entrai. Guardai il letto vuoto di Ross, era uscito coi suoi amici. Io non potevo, ero ancora troppo piccolo.
Entrai quindi in camera mia. Feci tutto quello che ero solito fare prima di dormire e mi coricai. Osservai malinconico la foto di papà, partito due mesi prima per la Libia, impegnato in missioni umanitarie. Recitai la preghierina e spensi la luce della lampada sul comodino di fianco al mio letto. Solo da un paio di sere lo facevo, prima dormivo sempre con la luce accesa.
Mi rimboccai per bene le coperte, avevo solo il volto scoperto.
Chiusi gli occhi.
Dopo pochi minuti già dormivo.

 

ESCONO DI NOTTE, TRAMANO NEL BUIO.
NON HANNO ALCUNA PIETA'.
LORO VOGLIONO SOLO LA TUA MORTE, PER CONTINUARE AD ESISTERE.

Un debole rumore mi svegliò di colpo, il cuore in gola. Lo sentivo battere velocemente.
Era l'anta dell'armadio di fronte al letto. Era sbattuta.
Sgranai gli occhi, per cercare di vedere cos'avesse provocato quel rumore, ma era troppo buio; distinguevo a malapena il profilo del mobile.
Deglutii. Uno strano ticchettio molto pacato si era diffuso nella camera.
"Devo accendere la luce" ma avevo paura a tirare il braccio fuori dalle coperte, mie uniche protettrici.
Nel frattempo il brusio persisteva e, anzi, pareva essersi fatto più forte, più vicino.
Con un movimento fulmineo premetti l'indice della mano sinistra contro l'interruttore della lampada, che illuminò di colpo la stanza.
Nulla. Non c'era assolutamente nulla.
Guardai la sveglia, erano trascorsi appena dieci minuti da quando mi ero messo a letto.
E così appoggiai la testa sul cuscino e chiusi gli occhi. Passò appena qualche secondo e il ticchettio ricomparve. Più che un ticchettio ora sembrava una risata, una risatina malvagia e crudele, si prendeva gioco di me.
Un brivido mi percorse la schiena, mentre il cuore riprese a battere all'impazzata, lo sentivo rimbombare nel petto.
Schiacciai nuovamente l'interruttore della lampada, ma con troppa forza: si accese per un istante, poi cadde, trascinando con sé il filo elettrico che andò a staccarsi dalla presa nel muro.
In quel flash di luce scorsi chiaramente muoversi qualcosa di nero, piccolo, forse anche peloso. Era di fianco al letto e mi stava fissando, con due minuscoli occhietti cattivi.
Il cuore mi stava per scoppiare nel petto, il terrore mi pervase, bloccando ogni mia capacità di ragionamento.
Volevo scendere giù e scappare, ma quella cosa era lì; mi avrebbe sicuramente preso prima che fossi riuscito ad accendere la luce del lampadario appeso al soffitto. Non ce l'avrei mai potuta fare.
Scrutai il buio, ma era troppo nero. Non vidi nulla, si stava mimetizzando. Era nel suo ambiente.
Comandava lui.
La risatina ricominciò a farsi sentire. Qualcosa mi toccò il braccio che avevo fuori dalle coperte. Era caldo e leggero.
Emisi un rantolio soffocato, e ritrassi il braccio, gettandomi sotto le coperte.
Stavo tremando, il pigiama madido di sudore.
Mi sentii accarezzare le gambe da sopra le coperte.
Mi aveva trovato.

 

SE TI HANNO INDIVIDUATO NON PUOI PIU' NASCONDERTI. NON SERVIREBBE A NULLA.
L'UNICO SCOPO DELLA LORO ESISTENZA SAREBBE QUELLO DI CATTURARTI. TI CERCHEREBBERO OVUNQUE.
E UNA VOLTA PRESO, NON AVREBBERO DIFFICOLTA' AD UCCIDERTI.
PERCIO' SCAPPA, CORRI PIU' IN FRETTA CHE PUOI VERSO LA LUCE.
SCAPPA.

 

La risatina divenne un soffio, alternato ad un gorgoglio; probabilmente mi stava annusando, per capire se ero una preda appetibile.
Faceva troppo caldo, non riuscivo a respirare. Dovevo uscire da lì sotto. Dovevo cercare di fuggire, ma avevo le gambe molli. E quella cosa era troppo vicina.
Senza pensarci, saltai giù dal letto, scaraventando il piumone sul pavimento. Iniziai a correre, attraversando la camera di Ross. Sbattei un piede contro uno spigolo della sua scrivania. Un dolore lancinante mi percorse la gamba. Zoppicando proseguii la mia fuga.
Sentivo il mostriciattolo dietro di me. Ora non era così silenzioso, sembrava quasi goffo, dai versi che stava emettendo.
Era sempre più vicino da me, sentivo quasi il suo alito caldo e acre sul mio collo.
In un attimo mi raggiunse, saltandomi in spalla. Urlai, cercando di staccarlo con le mani. Ma era molto forte, più forte di quanto mi aspettassi.
"Mamma, dove sei?"
Gridai ancora, per cercare di attirare la sua attenzione.
La porta di fronte a me si aprì rapidamente.
-Albert! Perchè stai urlando? Cosa fai nel corridoio?- gridò, spaventata.
Si abbassò su di me, abbracciandomi.
Cercai di calmarmi per riprendere fiato e raccontarle tutto.
L'essere era scomparso appena la mamma aveva aperto la porta, e un fascio di luce si era disegnato sul mio corpo.
-C'è un mostro nella mia stanza! E' piccolo, vuole uccidermi!-
-Albert...-
-Ti giuro mamma! E' la verità! Aiutami, ho paura!- ribadii.
-Albert...- disse spazientita -... hai dodici anni e credi ancora alla storia del babau?- mi sgridò.
-Ma è vero, vieni a vedere!- la esortai ansimando.
Ci alzammo da terra, forse l'avevo convinta, e entrai nella mia stanza, al buio.
Una mano mi spinse con forza all'interno, facendomi ruzzolare di nuovo sul pavimento.
La porta della camera si chiuse con violenza, e tre giri di chiave mi imprigionarono nel regno della creatura.
-Mamma!!- gridai disperato. Battei i pugni sull'uscio, ma era assolutamente immobile.
-Mamma!!-
-Mi dispiace Albert...-
La ascoltai con le lacrime agli occhi.
-... ma la cosa ha molta fame. Non vorrai mica che mangi la tua dolce mammina?-
"Cosa sta dicendo?..." pensai incredulo.
-Devi sacrificarti tesoro.-
-Nooo!!- mi catapultai contro la porta prendendola a spallate, ma pareva d'acciao.
-E' tutto inutile,è finita. Cioè.. .per te è finita. Io continuerò a vivere.- sussurrò.
-Mamma!! Nooo!- gridai, mentre sentivo la cosa avvinghiarsi a una gamba.
-E' stato un piacere averti partorito.
L'essere entrò nella mia carne, molto lentamente.
-Davvero un piacere.-

Andrea Sartore