Arcanum

"Puttana laida schifosa, come ha potuto? Come ha potuto farmi questo? Dopo tutto quello che ho fatto per lei, dopo tutto quello che le ho comprato, che le ho così dolcemente regalato, come ha potuto farlo quella zoccola infame traditrice?"
Non sopportavo questi discorsi, in fondo, anziano com'ero non mi potevo permettere di obiettare le ire del mio padrone: in fondo, lo capivo, però non potevo stare ad ascoltarlo ogni volta, facendo finta di non sentire mentre gli preparo qualche buon cocktail che amava tanto perché "Mi schiariscono le idee, vecchio amico mio! Ecco perché voglio un buon cocktail, ma vedi di farmi la sorpresa e non dirmi quale preparerai affinché possa gustare il sua forte aroma già nella mia..."
"Mente malata, ecco cos'era, solo una schifosissima mente malata, ma cosa cavolo mi spinge a non andarmene via di qui proprio non lo so."
In realtà lo sapevo benissimo "Il segreto, vecchio mio, è lì dentro."
Gli servii il cocktail mentre lui stava alzando la cornetta: "Ecco la sua bevanda Sir." Gli dissi nella maniera più cortese, ricevendo però uno sguardo cupo e languido come quello di un cobra senza il veleno. Lo vidi alzare la cornetta e comporre un numero, era buffo vedere come si contorceva in quella sedia a rotelle degna di un horror degli anni '40, mentre schiacciava le sue dita aguzze sui tasti e contemporaneamente portava l'altra mano alla bocca e si scolava l'Alexander in una sorsata. Mi guardò compiaciuto ed io mi girai disgustato dall'altra parte per non vedere quel viso orrendo, segnato dal tempo e da una Station Wagon ai 120 all'ora. Accadde un anno fa, dicembre inoltrato, stava attraversando la strada con il cellulare in una mano e con una fiaschetta di vino nell'altra, abitudine del cavolo che non ha mai dimenticato, ed un uomo giovane non frenò in tempo... inutile dire che i riflessi di entrambi erano troppo lenti, uno per l'alcol e l'altro, beh l'altro aveva una donna a bordo sul sedile anteriore... Schifosi entrambi, però uno solo ci ha rimesso le gambe e un occhio, mentre l'autista e la donna ne sono usciti illesi.
"Sì, ciao Dick, come stai?" Se c'era una cosa che non era cambiata affatto, nemmeno dopo l'incidente, quella era la sua voce, fredda e roca, pungente e bassa, una combinazione letale per chiunque, soprattutto alla vista di un uomo mutilato come lui.
"Sì, dimmi, amici mi hanno informato che sai qualcosa di nuovo."
Vivevo con lui da quasi dieci anni ormai, in una villa sperduta in mezzo alla selva. "Ah, come immaginavo, altri mi hanno detto la stessa cosa, beh, grazie... no tranquillo non mi lascerò prendere dalla situazione non c'è problema, sì, ciao, buona sera Richard."
Lo squadrai un secondo, lo vidi corrugare le sopracciglia, mi venne nausea: "Il suo avvocato, Sir?" "Sì, vecchio mio, il buon Dick raramente ha buone notizie per me, mentre io ne ho una buona per te!" Non aveva mai detto nulla del genere prima d'ora
"Ho un favore da chiederti, in cambio di una grande cosa, anzi... di due grandi cose."
Ero visibilmente sorpreso, ma cercai di non scompormi più di tanto: "Mi dica, Sir, qualsiasi cosa."
Il suo viso si trasformò improvvisamente, divenne diabolico, più di quanto la sua mente perversa avesse mai potuto fare, niente di simile poteva essere più raccapricciante alla mia vista in quel momento, quando lui aprì quella fessura serpentina che chiamo ancora bocca dicendo: "Uccidila."
Cominciai a tremare: "Sir?"
"Hai capito, vecchio mio, lo so che hai capito benissimo quello che ti sto dicendo! In cambio io ti offro due cose!" Lo guardai, non mi accorsi di essere indietreggiato di almeno un metro.
Lui continuò: "Le mie ricchezze saranno tue, tutte, tutte quante a parte una piccola quota che lascerò al mio avvocato, ah, buon Dick, mai notizie buone le sue, MAI!"
Ero stupefatto, la nausea aumentò, ma non per il suo viso, per le sue parole... Il vomito mi stava salendo ma riuscii ad udire ancora le sue ultime frasi prima di correre nel giardino: "Ed inoltre ti offro un'altra cosa, ben più importante, manterrò il segreto, lo porterò nella tomba dopo averne bruciato le prove: e non sto parlando di quello di mia moglie, quella laida che stava facendo un pompino al ragazzo che mi ha investito..."
In quel momento la nausea si fece più forte, ed io capii.
"Sto parlando del tuo segreto."
"Accadde tanto tempo fa, fu solo un caso del destino malefico, tu non sei pazzo!"

 

Stava piovendo fuori. Ero seduto nella hall della villa, enorme, gli arazzi splendidi ne decoravano lo stile gotico, ma io non ero più in me. Mi ero trasformato, un essere completamente nuovo.
"No, sei solo tornato quello di una volta."
Il segreto non doveva essere svelato, da nessuno, da nessuno, non doveva essere scoperto. Sudavo, meditavo, sudavo ancora di più, mentre stringevo un portachiavi di legno intarsiato, un regalo di mio figlio, chissà dov'è ora...
"Lo sai benissimo dove sta ora, LO SAI BENISSIMO!"
"BASTA!" Mi alzai all'improvviso, mentre balzarono fuori dalla porta della sala da pranzo due figure indistinte, che poi si fecero più chiare: la sedia a rotelle era più lugubre del solito, non volevo nemmeno guardarla, a fianco tuttavia c'era lei, bionda, occhi verdi, snella e dall'aspetto più regale possibile, non si poteva credere che una donna così bella potesse commettere un così terribile atto, tradire la persona amata, e per lo più causare le sue orrende mutilazioni, o forse sì, era proprio la persona più giusta per farlo... Ma ora non importava.
La salutai con un inchino regale, vidi le sue gambe perfette salire le lunghe scale che dalla hall davano alla zona notte.
Una mano mi avvolse la manica della camicia, rabbrividii: "Sai cosa devi fare ora, vero?"
Non osai guardarlo, ma sentii che mi porgeva qualcosa di freddo nella mano sinistra: "Per te, vecchio mio."
"Sir, mi promette che manterrà il segreto?"
Sorrise, nulla di diabolico questa volta, dietro a quella maschera di cicatrici sembrava ancora essere sincero: "Certo, vecchio mio, nessuno saprà mai nulla di nulla..."

 

Il coltello che mi aveva messo in mano era più lungo di quanto avessi immaginato, lo osservai, pensai, il segreto sarebbe morto, nessuno avrebbe saputo.
Salii le scale, man mano che avanzavo brividi di freddo mi percorsero la schiena, non stavo affatto bene, dovevo vomitare di nuovo; la temperatura era bassa, anche al primo piano, nonostante l'abitudine di lasciare accesa quella schifosa e vecchia caldaia malandata.
Avanzavo lentamente lungo la moquette, la stanza della moglie del Sir era l'ultima in fondo, 30 metri di morte, di sofferenza: stavo ansimando, non vedevo bene nel buio, avanzavo a memoria senza pensare, sentendo freddo, tanto freddo. Ad un tratto mi fermai, faceva troppo freddo, sentii di nuovo
un brivido, e poi sussurri, bisbigli, provenivano da tutte le parti:
"Ti sono sempre piaciuti i coltelli vero? No, il segreto non sarà mai cancellato, tu morirai con lui, ma mai in pace con te stesso, SAI COSA HAI FATTO VERO, LO SAI COSA HAI FATTO?"
"SI', MALEDIZIONE, STATE ZITTE, ZITTE!"
"La, la, la, la... Non sopporti nemmeno ora i pianoforti vero? La, la, la, la... Gli piaceva solo questa nota, suonava per ore ed ore vero?"
"ZITTO, ZITTO!"
"ZITTO? La, la, la, la, la?"
"BASTA!"
Silenzio, sudavo freddo, ancora. Ero a metà del corridoio, la nausea era fortissima, ripresi a camminare, la moquette attutiva i suoni delle mie scarpe sul pavimento ma io li sentivo lo stesso "TUM, TUM, TUM..." O forse era il mio cuore che batteva...
Arrivai alla porta, la maniglia era molto alta rispetto al normale, non avevo mai capito il perché, girai la maniglia, il coltello era in una mano tesa e fermissima.
Non ci fu nessuno spiraglio di luce, entrai lentamente, il letto enorme era di fronte a me, lenzuola di seta. Un tuono sovrastò il silenzio che si era creato, sobbalzai.
Il letto ora era di fronte a me, vedevo il corpo della giovane donna, lo ammirai per un istante infinito, era supina, il rigonfiamento del seno creava una piccola collina sulle lenzuola, dovevo colpire ora, SUBITO!
"La, la, la, la, la."
"No, smettila, smettila!"
"La, la, la, la, la, lui è morto, lei lo sarà, la, la, la, la, tu lo hai ucciso, lei lo sarà, la, la, la..."
La mia mente non rispose più: "BASTA, SMETTILA, SMETTETELA TUTTI QUANTI, NON VOLEVO UCCIDERLO! NON VOLEVO FARLO! SMETTETE, SMETTILA!"
Lei aprì gli occhi di scatto, io ero lì, il coltello sul suo collo bianco e delicato, non l'avrei più uccisa, non l'avrei mai più fatto, mai più!
Sentii una mano forte e adunca stringermi il polso che stringeva il coltello, la mano si abbassò senza il mio volere, e poi fu solo sangue.
Uno schizzo sporcò le lenzuola di seta, un altro ancora mi colpì in pieno volto, un urlo soffocato uscì dalla sua bocca, ma il flusso di sangue le strozzò le parole, mentre lei era in preda agli spasmi. Mi voltai e lo vidi, su quella maledetta sedia a rotelle, che guardava la sofferenza della moglie con gli occhi che brillavano come i lampi che stavano giganteggiando nella selva circostante.
"Lo hai fatto di nuovo, lo hai fatto di nuovo, lo hai fatto di nuovo! Niente più pianoforte, solo la mano della morte! La, la, la, la, la, lei e morta e lui lo sarà, la, la, la, la, lui morirà, lui morirà..."
La nausea sparì di colpo, lo osservai per un minuto intero mentre gioiva alla vista di quel corpo straziato, la rabbia era in me, io invece non ero più in me.
"E' tornato, è tornato, il mostro del maggiordomo è tornato, è tornato!"
Lo presi per il collo gracile e sottile, lui cercò di divincolarsi, ma la mia presa era troppo forte, nonostante la mia età lo sollevai dalla sedia a rotelle e la mancanza del peso delle sue gambe mi aiutava.
Farfugliò qualche parola sconnessa: "Lasciami... segreto... non... esiste... nessun documento... morte...!"
Non lo lasciai finire, presi il coltello dal collo di lei e gli tagliai la testa.
"Su, ancora, la, la, la, sono tutti morti, la, la, la, però ne manca uno, non lo vuole più nessuno."
Alzai lo sguardo, vidi le grandi finestre vetrate...
"Sì, ancora uno, non ti vuole più nessuno!"
"SI', ANCORA UNO!"
I miei occhi erano rossastri, la mia camicia era strappata, mi buttai sfondando i vetri dopo una rincorsa di qualche metro, mentre il sangue della ragazza si univa a quello del mio Sir, in un ultimo disperato segno di pace.
Dentro alla villa risuonava ancora un bisbiglio:
"La, la, la, ora è morto, la, la, la, l'arcano segreto nella notte rimarrà, la, la, la."

Paolo Cortese