Il Multiforme

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

In un universo che non riusciva minimamente a concepire, l'uomo contemplava affascinato l'essere multiforme che aveva dinanzi. Ad ogni battito di ciglio corrispondeva una forma diversa, ogni volta così varia e bizzarra da risultare particolarmente difficile, se non impossibile, da descrivere. Si poteva dire che l'essere fosse una massa di materia semitrasparente e dal vago aspetto liquido, con un numero indefinito di protuberanze sparse lungo tutto il corpo, in continuo movimento ed interazione l'una con l'altra. Ad esse, di sicuro, era dovuta la sempreterna mutazione. Ma nonostante questo, l'essere multiforme rimaneva sempre fisso nella sua posizione, senza mai muovere un solo muscolo - posto che ne avesse: quella che doveva essere la testa, era china su di un grosso ed antico libro, ed il corpo era curvo. Il multiforme era immerso in una profonda ed attenta lettura.
"Posso sapere chi sei?", domandò l'uomo.
"Hai già avuto modo di conoscerci", risposero all'unisono più voci, che sembravano provenire da tutte le direzioni, tranne che da quella del multiforme.
"Cosa... state facendo?"

"Scriviamo", risposero prontamente quelle voci, che appartenevano a tutto e a nessuno, mentre l'essere si trasformava nuovamente.
"Scrivete?"
"Scriviamo una storia, come può essere definita la vita", risposero enigmatiche le voci. "Le differenze sono così sottili, prive di significato. Cosa c'è dopo, cosa avviene prima: chi decide tutto questo? Chi è l'unico scrittore dell'esistenza? Chi concepisce questa storia? Guarda attentamente, ci basta chiudere il libro, per iniziarne un'altra." Il multiforme assunse quindi le sembianze di un giovane adone, dalla bianca pelle pallida e dal fisico scolpito; chiuse il libro, e lo mise da parte. Poi ne prese un altro.
L'uomo rise nervosamente, intuendo ciò che lo avrebbe aspettato.
"Solo una storia", disse prima di cadere a terra, spogliato della propria vita, mentre il multiforme ancora una volta rimescolava se stesso.

Simone Corà