Vuoti a rendere

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Vuoto a rendere, ingiungeva la scritta a caratteri cubitali sulla cassa che Peter e Spike caricarono sul retro del furgone. La ditta Walsh & Sons aveva, infatti, una sua rigida politica aziendale, nessuna consegna poteva essere effettuata senza aver prima ritirato i vuoti della consegna precedente, il mancato rispetto di quella regola era la principale causa di licenziamento, con tutto ciò che questo avrebbe comportato.
"Per fortuna abbiamo finito." disse Peter guardando le quattro casse che avevano appena scaricato.
"Per fortuna." fece eco Spike, il cui sguardo perso nel vuoto non prometteva niente di buono.
Peter guardò preoccupato l'amico e si augurò che non fosse sul punto di gettare la spugna perché, come aveva avuto modo di constatare, non tutti quelli che lasciavano la Walsh & Sons lo facevano per sempre, molti erano quelli che aveva visto rientrare dalla porta di servizio e non era affatto un piacevole spettacolo. Erano le quattro del mattino quando lasciarono il Saint Gregory Hospital, la temperatura esterna era al di sotto dei tre gradi e, a parte il loro furgone, le strade erano completamente deserte. Un'ora dopo avevano già scaricato nel deposito le casse dei vuoti resi e stavano sistemando il loro contenuto nella stanza in fondo al corridoio quando, dopo aver aperto l'ultima cassa, Spike impallidì. Peter osservò la giovane donna nella cassa e pensò che se c'era una ragione che poteva far desistere Spike dal lasciare quel maledetto lavoro era proprio quel bellissimo corpo privo di vita. E Spike, osservando l'enorme squarcio che partiva dallo sterno e giungeva fino all'inguine, capì che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non diventare un potenziale donatore d'organi e finire appeso ad un gancio nell'enorme cella frigorifero in fondo al corridoio, in attesa di diventare deliziosa carne in scatola.

Emilia Ruvioli