L'animo subdolo dei perfettini

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

La Signora Ballantini amava il suo lavoro.
Di più, lo riteneva una missione, degna del meglio delle sue attenzioni ed energie.
Non tollerava intromissioni e difendeva tenacemente il suo operato da ogni turbamento.
In particolare non sopportava quei marmocchi che come unico scopo avevano quello di impedirle di lavorare; stupidi mocciosi che dietro la faccia perbene e i modi perfetti tramavano alle spalle sue e di tutte le persone di buona volontà.
Ma solo lei se ne rendeva conto: sapeva quale animo subdolo celavano, non si lasciava impressionare da belle facce e finti sorrisi.
Oh, di certo sapeva ben badare a sé stessa, potevano provarle tutte ma non sarebbero mai riusciti a farla soccombere.
Però la Signora Ballantini, oltrechè tenace, era anche profondamente altruista e si preoccupava non poco per tutti quelli che non riuscivano a vedere in profondità come lei, e restavano alla mercé di quegli esserini malvagi.

I “perfettini”, come li chiamava lei, erano guidati da un mingherlino biondo con le labbra a becco: la Signora Ballantini sapeva bene che eliminando lui poteva salvare tutti i lavoratori.
Prese così a seguirlo in attesa dell’occasione giusta.
Lo scovò presto: il perfettino aveva convinto i suoi ignari genitori a portarlo in un negozio di giocattoli e a comprargli quella che di sicuro, il giorno dopo, sarebbe stata l’ennesima arma per disturbare il lavoro della Signora Ballantini.
Quale pena le facevano i suoi genitori, ingenuamente fieri di quel faccino d’angelo che solo lei sapeva essere un’abile maschera: doveva intervenire subito!
Uscì dal suo riparo e subito il perfettino la riconobbe, correndole incontro:
-Maestra! Maestra Ballantini!
La Signora Ballantini si lasciò abbracciare, poi affondò le mani nel giovane collo stringendo finché il perfettino non rimase immobile.
Poi lasciò cadere il corpo e si avvicinò ai genitori, fiera di averli salvati.

Stefano Scappazzoni