Fame

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Ormai non riesco più a controllarmi.
Ma prima di farla finita, voglio chiedere perdono.
Era la Fame che mi comandava, che mi ha fatto fare quello che ho fatto.
La Fame che mi spingeva ad alzarmi in piena notte per spalancare il frigo e masticare sino al mattino.
Era Lei che, col tempo, ha iniziato a pretendere carne cruda e successivamente... umana.
La prima fu una giovane bellissima: non credo si sia accorta dello straccio imbevuto di narcotico nella metro...
L’ho trascinata nel tunnel: la sua unica colpa è stata attendere il treno lontano dalla folla.
Dopo di lei ho perso il conto... 5, 10, solo cibo.
Ma ieri... ieri tenendo tra le braccia quel bambino... ho capito.
Ho capito di aver toccato il fondo e la mia umanità, o quel poco che rimaneva, s’è ribellata.
Mi sono chiusa in casa e ho gettato la chiave dalla finestra: non potrò più nuocere a nessuno.
Vorrei chiedere scusa... non sono una pazza o un’ignorante.
Ho studiato, io. Sono laureata, sapete?

Anni di sudore e fatica. Ma non ho mai odiato lo studio: era un piacevole rifugio.
Forse l’unica cosa che ho sempre odiato è la gente.
Si. Odio gli esseri umani. Esseri disumani...
Ho sempre sofferto davanti alle crudeli prese in giro dei miei compagni di scuola e anche davanti alle ipocrite risatine dei colleghi.
Ai silenzi mentre entravo in aula professori. Una volta ho aspettato fuori e parlavano di me.
Mi chiamavano la Supplente Cicciona.
Sì è vero: sono una Supplente Cicciona. Troppo vigliacca per rispondere a tono.
Me l’ha sempre detto anche mia madre. “Troppo silenziosa, sei troppo silenziosa Laura cara!”
Ah! Ma pagherete! Pagherete tutti. Perché come ha colpito me, la Fame potrebbe colpire chiunque.
E non ci saranno risatine e prese in giro a fermarla.
Lei vendicherà...

Ilaria Di Camillo

Nata a Roma 23 anni fa, sono cresciuta nel mondo informatico alternando la passione per il cyberspace alla grafica e alla scrittura. Lovecraft e Gibson mi hanno allevata dalle loro pagine...