Il divoratore di anime

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Qualcuno ha detto che ci portiamo dentro il ricordo di un volto solo, due al massimo. Non credo che sia vero.
Cammino per strada, fingendo indifferenza, gettando, di tanto in tanto, lo sguardo assente su vetrine opache e spoglie.
Considero con disprezzo la povera umanità, nessuno che colpisce la mia immaginazione. Così, spreco intere giornate.
Ma, quando cala la sera, sul mio cuore prima che sulla muta città, le luci si focalizzano sulle persone che valgono.
Ogni volta cambiano: oggi è una vecchietta che muove un passo avanti all'altro, con fatica degna d'Ercole e pertinacia da scalatore; ieri era un grassone con una maglietta estiva, che imprecava per il freddo ma non aveva quel tanto di buon senso da mettersi addosso qualcosa di più confortevole; una settimana fa, fu una ragazzina agli inizi di un rigoglioso sbocciare, che non aspettava altro che scoprirsi incinta.
Tutti avevano un pensiero, un sentimento, un inestimabile tesoro di esperienze da donarmi.

Li ho avvicinati, uno ad uno; li ho convinti del mio buon cuore; con loro ho parlato, mi sono confrontato, son cresciuto, maturato, elevato.
Siamo arrivati ad un punto di incontro, ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d'onda...
La confusione ci infastidiva, non potevamo sopportare quella torma di chiassose cornacchie.
Per fortuna, a due passi da quel girone dantesco, c'era un ostello abbandonato, una stradina buia, un bordello aperto a tutti.
Forse non pensavano volessi conoscerli così a fondo, dopotutto viviamo in un mondo cinico e menefreghista.
Li ho spogliati, legati, guardati con sommo stupore. Li ho trattati come opere d'arte, li ho adorati, li ho consacrati. Ho donato loro il mio amore. La mia mente si è unita alle loro menti, delle loro carni ho fatto lauto banchetto.
IO VIVRÓ IN LORO PER SEMPRE, E LORO IN ME SEMPRE VIVRANNO!

Michele Spadaro