Demonologia ver. 2.0a

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Le dita invisibili dell’IA muovono i flussi di impulsi lungo fasci di fibre elettrottiche superraffreddate a temperature vicine allo zero assoluto. I dati si scaricano nella mia testa come una cascata di acqua gelida. Mi muovo insieme agli impulsi. L’anima fluttua digitalizzata. Tutto scintilla.
L’IA è un respiro spettrale accanto a me. Sento le sue mani fredde lungo il mio avatar, accarezzano la mia anima, insinuandosi nei miei pensieri. Chiodi di ghiaccio nella testa mentre cado insieme ad una cascata di lance di luce lungo le fibre. Il conto alla rovescia è una campana che batte nelle mie orecchie virtuali. L’IA mormora qualcosa. Non sento nulla. Annego nel freddo sempre più inumano. Un cancello di luce azzurra appare là, in fondo, dove si infrangono gli impulsi in glifi ritorti di dati luminosi.

Si sta facendo buio e mi sembra di cadere da sempre. Il cancello si fa più vicino. Gli ultimi dardi di dati si affievoliscono mentre l’IA urla strappandomi l’anima con artigli che si sgretolano. Il cancello mi entra nella pelle. Gelo assoluto. Un cuore batte sempre più forte. Buio.
Qualcosa gocciola, distante. Sbatto le palpebre. Un ticchettio ritmico si avvicina. Metallo su pietra. Spalanco gli occhi nell’odore di carne calda. Mi guardano pupille fisse; palpebre inchiodate da spuntoni di ferro arrugginito. Teste su ghiere e ingranaggi di metallo consumato. Movimenti a scatti meccanici e ticchetti di aghi scomposti. Il sangue mi cola fuori dalla pelle. Ghiaccio e ferro entrano nell’anima. Urlo. La mia mente si rompe.
Da qualche altra parte, in altra vita, un’intelligenza artificiale si contorce su se stessa, le parti logiche si smontano in serie sconnesse di 0 e di 1. Qualcuno sussurra: “Abbiamo perso il segnale”.

Luca Bonecchi