Quando le dita... sfuggono di mano

Problemi di circolazione. Questo ho pensato all’inizio. Non mi sentivo più le dita delle mani. Anche il medico minimizzava. Diceva di non preoccuparmi e mi imbottiva di pastiglie. Poi però mi sono accorto che le mie dita stavano diventando autonome nei loro movimenti. Questo proprio non riuscivo a capirlo. Mi spiego meglio. Se avevo prurito all’orecchio, non potevo più comandare l’indice che si adoperasse a grattare il mio padiglione auricolare come normalmente faceva da anni. Si rifiutava. Compiva movimenti strani, anomali. Peggio ancora se cercavo di strofinarmi gli occhi. Rischiavo di lacerarmi le cornee. Mangiare ormai era diventato complicatissimo. Il problema stava creandomi anche non pochi riflessi negativi dal lato affettivo. Dare una carezza alla mia ragazza? Per nulla facile con le cinque dita, per così dire, imbizzarrite. Allora nascondevo le mani dietro la schiena. E cercavo di sorriderle in modo naturale. Per far finta che scherzavo. Ma avevo capito, ormai, che le mie dita avevano ottenuto una loro autonomia. Anche se non potevo sapere - allora - cosa volessero.
Passavo molto tempo ad osservarmele. Incredulo. Con la bocca aperta. Come un povero sciocco.

Lo so, non si dovrebbe dare importanza a fenomeni tutto sommato trascurabili. Ma il fatto è che mi ero accorto che esse si stavano lentamente trasformando. Kafka docet, cari miei.
Provai una grande angoscia quando mi resi conto che ormai le unghie si stavano staccando naturalmente, senza dolore, e che la pelle che ricopriva le dita si squamava, come nei serpenti nel periodo della muta. Sotto lo strato di cuticola biancastra che si sollevava a brani, intravedevo il rosso scuro della carne viva, pulsante, viscida, membranosa.
Trascorso il periodo della muta, fui sorpreso dallo spaventoso risultato: al posto delle mie dita avevo dieci - dico dieci - vermi, tozzi, mollicci e nauseabondi. Per questo motivo, alla fine mi sono deciso: ho chiamato il mio amico Walter che venga qui con la sua scure da boy-scout e faccia quello che deve fare. Lo aspetto davanti al computer acceso. Mi sto accorgendo che i vermi pian piano raggiungono la tastiera. Se li lascio fare, hanno la forza di trascinarmi le palme inerti. Ecco, ora hanno preso possesso della tastiera. Lasciano negli interstizi dei tasti la loro bava argentea, schifosa. Strano, veramente. Sembra che i dieci vermi siano una comunità unita. Si coordinano tra loro. Come se lavorassero a un progetto unitario. Sembra che ognuno di loro spinga lentamente sul tasto rispettando un piano di lavoro prestabilito insieme agli altri. E, infatti, è così! Sulla schermata pian piano si formano delle parole, che hanno un senso, una logica. Terrificante, non c’è che dire!
Maledetti umani, morirete tutti!

Ugo Perugini