Gocce di sangue

Il ragazzino biondo pallido mi guardava e sorrideva...
Aveva gli occhi azzurri e la pelle chiara, ma il viso era cosparso di macchie...
Ad un tratto eccheggiò uno sparo e dalla testa del ragazzino incominciò a grondare sangue...
Mi svegliai di soprassalto.
Avevo ancora la faccia del bambino sorridente stampata nitida nella mente.
Quell'incubo tornava a tormentarmi tutte le sere, era come un appuntamento quotidiano che non si può evitare.
Tutte le sere, tutte le dannate sere, non riuscivo a dormire più di due ore...
Ogni volta che stavo per riaddormentarmi quella faccia, quella faccia sorridente, gioiosa,felice, mi ritornava in mente. E ad un tratto quel viso veniva coperto di sangue.
Perchè?
Perchè quel bambino non la smetteva di tormentarmi?
Quando pensavo alle sue delicate gote, sulle quali cadevano gocce di sangue, sprofondavo nella tristezza più assoluta.
E allora mi mettevo a piangere.
Avrei vissuto tutta la vita con quel ricordo?
Come avrei fatto?
Picchiai un pugno contro il vetro della finestra frantumandolo.
La debole luce lunare illuminava il mio pugno dal quale grondava sangue.
Mi coprii la faccia con le mani sporcandomi con il mio stesso sangue.
Mentre piangevo ripensai a come era avvenuto quel fatto: quel giorno in cui io e i miei compagni setacciammo le strade di quella sperduta città polacca.
Le case erano state distrutte dai bombardamenti. Per le strade vi erano solo frammenti di muri, bossoli di proiettili e corpi senza vita adagiati a terra.

La bandiera con la svastica nera torregiava in cima ad un grande edificio semi distrutto.
Quando gli ebrei avevano saputo che la loro nazione era stata conquistata dalla grande armata di Hitler, si erano subito rifugiati nei sotteranei delle città nella speranza di sfuggire al setacciamento.
Il nostro compito era molto chiaro: trovare gli ebrei rimasti e sterminarli.
Entrammo in un vasto spiazzale, che un tempo era la piazza della città mentre ora non era altro che un misero ammasso di corpi e macerie.
I passi della nostra marcia rimbobavano minacciosi mentre ci dirigevamo verso una casa quasi intatta, proprio di fianco alla vecchia piazza.
Io entrai per primo.
Attraversai il corridoio principale e feci segno ai miei compagni di seguirmi.
Entrai in una cucina.
La tavola era ancora apparecchiata per quattro ma le sedie erano tutte per terra.
In fondo a questa stanza c'era una porta che conduceva ad un'altro luogo.
La sfondai e mi ritrovai in una camera da letto.
La stanza era costituita unicamente da un letto matrimoniale, un comodino e un tappeto rosso sul pavimento.
Lo tolsi via. Sotto di esso c'era una botola con una maniglia.
Le mie previsione si erano rivelate esatte.
In un primo momento fui tentato di aprirla ma mi trattenni.
Ero solo ed era probabile che le persone che si trovavano la sotto fossero armate e numerose.
Strinsi il mio MP 40 e scaricai una raffica sul pavimento.
Sentii un gemito e alcuni tonfi provenire da di sotto.
Avevo colpito nel segno.
Lasciai la stanza e mi diressi in giardino.
I miei compagni si erano adagiati su un muretto e fumavano tranquillamente la loro sigaretta.
Io proseguii oltre deciso a perlustrare meglio la zona.
Appena svoltato il muro il bambino biondo si parò davanti a me.
Sorrideva.
Il suo era un sorriso bellissimo.
Aveva il volto sporco di macchie ma si distingueva benissimo il pallore sulle sue guance.
Gli occhi azzurri scintillavano.
Non avrei voluto sparargli.
Ma lo feci.
Un colpo preciso diretto alla testa.
Il ragazzo rimase immobile, come se lo avessi pietrificato.
Cadde a terra in un lago di sangue.
Nonostante questo sorrideva ancora.
Avevo fermato il tempo e con uno sparo lo avevo immortalato.
Quella scena era ancora così nitida nella mia mente come se quel fatto fosse accaduto ieri.
Delle striscie rosse mi rigavano la faccia.
Le lenzuola del mio letto erano ricoperte da una sostanza mista a sangue, sudore e lacrime.
Guardai la sveglia asciugandomi gli occhi.
Erano le sei del mattino.
Da lì a poco il capo maggiore sarebbe venuto a svegliarci.
Quella mattina, all'appello generale, io sarei risultato assente.
Pensando ancora al bambino caricai l'MP 40 adagiato sul tavolino.
Lo stesso fucile che si era macchiato di un crimine orribile.
Uno sparo eccheggiò nell'aria facendo destare tutti i soldati dal loro sonno.
Quella mattina al mondo, c'era un assasino in meno...

Lorenzo Muccioli

Mi chiamo Lorenzo Muccioli e abito a Misano Adriatico (Rimini). La mia carriera di scrittore è molto breve. Nell'autunno 2003 ho collaborato con il giornale "La Gazzetta del Po" come scrittore di articoli dedicati alle nuove tecnologie. Nel periodo successivo sono stato il newsposter di molti siti anche internazionali. Scheda personale: www.schroet.com/member.php?id=251679.