La mia
    maledizione è semplice e terribile da descrivere: io sono posseduto dal Demonio.
    Posseduto dal Demonio. Una frase che non penso nessuno abbia mai colto nella sua
    mancanza di speranza: peggio che dire morto, peggio che dire infetto dal cancro.
    La mia anima è dannata.
    Continuo in apparenza a vivere la mia solita vita e sembro una persona normale,
    intelligente, spesso simpatica e divertente, un lavoratore diligente, un cristiano
    praticante: fingo di essere quello che ero, quello che è stato il mio vero io, quello che
    vorrei essere e che non posso più essere.
    Ora sono un doppio, due volontà in un unico corpo: io sono il Posseduto e, dentro di me,
    nascosto e in agguato, cè Satana, il Male, il Veleno, il Possessore.
    I miei passi sul sentiero, le risate di un gruppo di amici, una ragazza che rideva e mi
    cercava spesso con gli occhi. Lho vista inciampare, forse per gioco, e la mia mano
    si è tesa verso di lei. Ho sfiorato, solo sfiorato, le spine di un rovo e la mia pelle si
    è ferita ed aperta.
    Gelido come la lama di un coltello, veloce come lunghiata di un felino, il Nemico è
    entrato in me.
    Temevo che la Morte mi stesse ghermendo e rubando il sangue, ma era peggio, molto peggio:
    era la mia Dannazione!
    Ho provato smarrimento e paura sentendo il mio sangue che si avvelenava, eppure solo col
    mio primo delitto (un cane, un insignificante e stupido randagio che i miei calci hanno
    massacrato) ho cominciato a capire.
    Il Possessore mi vigila senza pause e simpossessa del mio corpo, mi spinge tra la
    gente e recita la mia parte con istrionica facilità. È seducente, irresistibile, e tesse
    la sua tela attendendo paziente lattimo in cui scatenare la sua smisurata
    malvagità. La sua intelligenza è diabolica e i suoi nervi dacciaio: nulla rispetta
    e nulla lo spaventa. Le azioni che compie sono orrende ed ignobili, figlie di una
    scelleratezza senza limite. Si esalta nel sangue e nel dolore, nella sofferenza degli
    altri e nella mia.
    Ho visto in un riflesso la sua risata, mentre Anna si trascinava nel sangue e lui la
    continuava a colpire, le schiacciava le mani con il tacco delle scarpe fino a mozzarne le
    dita, le torturava i fianchi e il ventre con una sbarra appuntita.
    Quante altre vittime come Anna? Troppe, troppe, ma con Anna è stata diverso, perché io
    Anna lamavo, e anche lei mi amava prima di allontanarsi da me, sgomentata da quel
    mistero orrendo che sentiva celarsi dietro il mio sguardo.
Non sei più tu! mi aveva gridato in faccia, ma non era fuggita. Se non mi
  avesse ancora voluto bene, si sarebbe salvata. Lagonia di Anna è stata la mia
  agonia, la sua morte la fine della mia voglia di lottare. Io non merito di vivere, non
  merito più di vivere, perché le mie colpe sono oltre la possibilità di espiare.
  Stefano. Stefano aveva quattro anni. Come si può spezzare e violare a quel modo il corpo
  di un bambino? Come si può godere di uno scempio così infame? Il Demone che mi possiede
  lo ha sfigurato a morsi e ne ha bevuto il sangue.
  Vedo agire il Possessore attraverso i suoi occhi, ma non conosco i suoi pensieri se non
  come unonda calda e nauseante come vomito, quando si esalta nella violenza. Non
  posso lottare contro di lui perché la sua presenza mi travolge e cancella.
  Siamo due facce della stessa moneta: Jekyll e Hyde, ma Hyde è troppo forte e non si può
  contrastare. Hyde è Satana.
  Io lo odio, un odio impotente che cresce, giorno dopo giorno.
In molti cominciano a sospettare di me e ieri la polizia mi ha
    interrogato. Io ero sconvolto e rassegnato, sicuro che avrei confessato; questa situazione
    è insopportabile e io voglio liberare la mia coscienza. Ho sperato che i poliziotti mi
    potessero aiutare, se non a liberarmi di Satana, a renderlo impotente al male. Ma è stato
    lui a prendere il mio posto e la sua voce era sicura, amabile e convincente come sempre.
    Avrei voluto gridare: Vi sta ingannando! È lui il colpevole! Sono io!, ma
    nessun grido è uscito dalla mia bocca e, dopo ore di interrogatorio, mi hanno dovuto
    lasciare andare.
    Quando il Demone si è ritirato, ero solo ed era notte.
    Sono caduto a terra esausto ed ho picchiato i pugni sul pavimento, piangendo senza ritegno
    come piangevo da bambino. Ho pregato il mio cuore di spezzarsi ed il dolore che sentivo
    nel petto mi ha fatto illudere che davvero la mia agonia fosse alla fine. Come sarebbe
    stato semplice addormentarsi per non svegliarmi più! E, nella morte, precipitare
    allinferno, dove sarà fatta giustizia di me. Invece il mio respiro si è calmato,
    le lacrime si sono asciugate ed ho capito che la mia vita maledetta continuava. Ma avevo
    trovato un modo per fuggire.
    Io sono un debole, un codardo, un essere indegno che, forse proprio per la sua immorale
    debolezza, è stato invaso e plagiato, però ho capito che proprio la mia vigliaccheria
    poteva darmi il coraggio di agire. Così ho deciso ed oggi troverò la forza per liberarmi
    di lui: io, un piccolo vile uomo, vincerò il grande Male.
Il mio piano è logico e facile.
    Mi sono vestito con i miei abiti più eleganti, sono uscito dal mio alloggio ed ho
    raggiunto il terrazzo.
    Il parapetto è basso e, davanti a me, ho trenta metri di vuoto e poi lasfalto della
    strada. Un abisso dentro di me, nel quale non voglio più sprofondare, ed un altro,
    davanti a me, lontano solo un passo.
    La mia unica fuga possibile.
    Per qualche istante ho contemplato le montagne, lontane e perse nella nebbia e poi il
    cornicione sporco di smog e catrame.
    Non ho paura e voglio che sia lui a precipitare e non io. Voglio deriderlo e sfidarlo:
    Vola, Lucifero, vola fino allinferno!
    Aspetto per ore ed ecco, mentre ormai la giornata è trascorsa ed il freddo della notte
    sempre più mi entra nelle ossa, che il Possessore si manifesta e mi ricaccia con una
    frustata sul fondo della coscienza per emergere trionfante ancora una volta.
    Un passo in avanti. Il mio corpo si sporge, vacilla e comincia a cadere.
    Ma Satana è pienamente cosciente e, mentre già esulto e lo credo perduto, con la sua
    scimmiesca agilità si gira nel vuoto e riesce ad afferrarsi a uno spuntone
    dantenna. Un colpo di reni impossibile e risale.
    Il suo riso beffardo e feroce urla che non mi sono sbarazzato di lui e che mai sfuggirò
    alla malvagità di questabominevole parte di me.
    Una ragazza in abito rosa attraversa di corsa il terrazzo: Stavi cadendo! Stai
    bene?
    Vorrei urlarle di scappare e, invece, con un sorriso da angelo, il Demonio che è in me la
    costringe e venire avanti e si prepara a straziarla.