L'amante dei gatti

"Ercole, sa fèt? Cosa fai? Vieni giù, svelto!"
Il fumo che saliva dalla latteria di Trebbi era denso, nero e soffocante. Saliva su, fino ai tetti di via del Pratello, dove Ercole e compagni stavano scappando, cercando di non scivolare o inciampare sulle tegole. La notte era buia e senza stelle e l'unica luce era quella del fuoco che arrivava dalla strada, assieme ai pianti delle donne ed agli strepiti dei fascisti.
"Ercole, muoviti o non ti aspetto!"
"Arrivo, un attimo!"
Ercole aveva paura. Rimanere lì fermo, col fuoco che faceva scricchiolare le travi sulle quali stava camminando e i fascisti che li cercavano giù nella strada, gli faceva venire il vomito.
E' solo un gatto Ercole, scappa!
La vista di quell'animale, sarà stato un cucciolo, lo inchiodava sui suoi piedi. Sentiva i miagolii disperati venire dall'altana e lo vedeva agitarsi, cercando di scappare mentre il fumo saliva sempre più denso dal basso. Qualcosa doveva impedire alla bestiola di muoversi. Se non lo avesse tolto lui da là sarebbe morto bruciato vivo, quando le fiamme avessero raggiunto il tetto. Ma se aspettava ancora correva il rischio di rimanere bloccato anche lui dal fuoco, o che le camicie nere lo trovassero. Ettore ed Elio continuavano ad urlargli alle spalle.
"Peggio per te, io vado!"
Sentì i passi che correvano via sul tetto accanto. I suoi compagni di clandestinità lo avevano abbandonato.
Ora o mai più
Ercole corse in cima al tetto spiovente fino a raggiungere la finestra dell'altana. Il micio era una bestiola pelle e ossa, che non sarebbe stata buona neanche da mangiare se gli acchiappatori lo avessero preso. Aveva una zampetta bloccata tra il davanzale della finestra ed un vecchio mobile. Forse gli era caduto addosso mentre cercava di scappare. Un fuggitivo come lui, Ettore de Elio.
Cazzo che puzza di bruciato
Si accorse che il mobile era caduto verso il davanzale perché il pavimento sottostante aveva ceduto, probabilmente a causa del fuoco. Il fumo stava iniziando a filtrare dalle tegole. Aveva poco tempo: spinse l'armadio con tutte le sue forze e riuscì a spostarlo un poco. Il gatto corse via come una saetta e sparì sui tetti.
Bella riconoscenza, neanche un grazie!
Con un sordo crack la sua gamba destra sprofondò tra le tegole fino all'altezza dell'inguine. Per la prima volta da quando tutta quella faccenda era iniziata Ercole si sentì prendere dal panico: era incastrato e sentiva le fiamme che gli lambivano il piede, forse stavano già attecchendo sulla stoffa dei pantaloni. Questo pensiero e l'adrenalina lo spinsero a muoversi, anche se maldestramente. In fretta e furia si spinse fuori dal buco puntellandosi sulle mani, ma uscito fino all'altezza del ginocchio ebbe la pessima idea di aiutarsi con l'altra gamba: uscì completamente fuori dal tetto, ma una volta che ebbe tutte e due i piedi poggiati sui coppi non riuscì a mantenere l'equilibrio e scivolò verso il basso. I suoi ricordi si interruppero con la sensazione di cadere nel vuoto, verso la strada, quattro piani più in giù.

 

"Il bastardo ha la pelle dura: Rossi che è caduto dal secondo piano è andato ad ammazzarsi, invece questo stronzo comunista se n'è fatti quattro di piani e respira ancora!"
"Tranquillo Gerla, che adesso appena si sveglia provvediamo in fretta."
Le voci arrivavano alle orecchie di Ercole come se provenissero dalla stanza accanto. Aprì gli occhi e dovette tenerli ridotti a una fessura per non farsi abbagliare dalla luce.
Immediatamente gli si troncò il fiato in gola: le fitte erano così forti che non riusciva nemmeno a capire cos'era che gli facesse male. Delle costole e una gamba erano andate di sicuro. Solo in un secondo momento si accorse di essere bagnato fradicio e di essere sdraiato su di un freddo pavimento di pietra. Lentamente cominciò a distinguere delle ombre nella luce. Le voci si erano fatte d'un tratto vicine.
"Guarda Fanti, si è svegliato anche questo!"
Una delle ombre si avvicinò e lui si sentì strattonare verso l'alto.
"In piedi, pezzo di merda!"
Ercole urlò dal dolore. Ma non capivano che aveva una gamba rotta?
Si trovò di fronte al grugno ghignante di una specie di cinghiale, tarchiato e sudato, vestito con una camicia nera. I suoi pensieri si riordinarono di colpo.
I fascisti! Mi hanno portato in questura. Sono fregato!
Il compare del cinghiale, un tizio alto e magro, lo spintonò verso il centro della stanza.
Senza tanti complimenti gli arrivarono due bastonate sui reni: tra il bisogno di urlare e quello di vomitare sangue per poco non si strozzò. Una mano (forse cinghiale) lo teneva per i capelli, impedendogli di accasciarsi di nuovo sul pavimento. Sentì strapparsi dei capelli.
Il rumore di una porta che si apriva: un altro fascista spinse un Ettore in manette e con la faccia pesta dentro alla stanza. Alto e magro li portò faccia a faccia, a neanche una spanna di distanza. Intanto cinghiale legò le mani anche a lui.
"Hanno preso anche te!"
Ettore annuì. Aveva un rivolo di sangue che gli usciva dal naso e respirava ansando.
"Silenzio, pezzo di merda!" e per farsi capire meglio cinghiale tirò un gran ceffone sul collo di Ercole. La botta lo sbalzò in avanti e gli fece dare una violenta testata contro il viso di Ettore, che urlò e gli schizzò sangue in faccia.
Che morte di merda che andiamo a fare. Scusami Ettore.
"Allora, feccia" aveva preso la parola alto e magro "ditemi un po', dov'è che si nasconde quell'altro farabutto che scappava con voi stanotte?"
Nessuna risposta. Stavolta fu alto e magro a schiaffeggiare la coppa di Ettore, che gli diede una gran testata. Sentì il naso che si riempiva di qualcosa di denso e perse l'equilibrio, ma la presa di cinghiale continuò a tenerlo in piedi.
"Allora stronzi? Stanotte per stanarvi è morto un ragazzo a posto, se continuate a fare i muti ci metterete un bel po' prima di crepare!"
Ercole tremava. Sentì un rivolo caldo che gli correva giù per una gamba. Risate di cinghiale ed alto e magro.
"Vè Fanti, s'è pisciato addosso!"
Le risate si interruppero di colpo.
"Ma chi... cos'è?..."
Ercole si voltò ma non riuscì a distinguere chiaramente cosa stesse succedendo. Una sagoma vestita di stracci aveva sollevato cinghiale ed alto e magro tenendoli per il collo, uno per mano, poi fracassò il cranio di entrambi contro un muro con un rumore di cocomero caduto per terra.
Improvvisamente sentì premuta sugli occhi una mano, la cui pelle sembrava un guanto da lavoro tanto era ruvida.
"Filenfio" gorgogliò una voce che somigliava allo scarico di un lavandino.
La mano lo spinse in avanti. Rumore di porta sfondata da un calcio. Poi ancora in avanti: degli scalini e la sensazione di camminare sul selciato; l'aria fredda della notte.
Dopo qualche minuto di corsa dolorosa, con le costole che gli foravano il petto ed il male alla gamba che lo faceva piangere, la mano si fermò ed Ercole si accasciò a terra. Accanto a lui, apparentemente nelle stesse condizioni, c'era Ettore.
Di fronte a loro torreggiava un essere indescrivibile: vestito di stracci, gobbo, completamente calvo, una schiera di denti giallastri che sporgeva dal labbro superiore fin quasi a toccargli il mento, un occhio semichiuso, l'altro spalancato fin quasi ad uscire dall'orbita. E una pelle color del cuoio.
Rivoli di sangue scorrevano continuamente dagli angoli degli occhi e gli rigavano il volto quasi come lacrime, ma l'espressione del mostro non sembrava essere triste o scossa, per quello che un viso del genere poteva lasciar trasparire.
"Ho fatto quefto folo pevchè tu falvato vita di mio fervo et amico. Ora fpavite, prima che tovnano a cevcavvi e vingvafiate vostra buona ftella."
Difficile dire qualcosa.
"Ma tu chi sei?"
"Un amante di katti" la creatura abbozzò un sorriso "ovmai fecchio e fentimentale. Mio nome è Klauf, ma dubito che vincontvevemoci"
Lo sconosciuto voltò loro le spalle e scomparve dai loro occhi nel tempo di un battito di ciglia. Ercole ed Ettore restarono lì, seduti per terra, con la sensazione che sarebbero rimasti tutta la vita senza qualcuno da ringraziare.

Andrea Cioni